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Amianto: "Occhio, però: un sito su cinque è a rischio" Stampa E-mail
Scritto da Marcello Micheloni   
lunedì 12 maggio 2008

Esperti del settore mettono in guardia: “L’Italia e soprattutto Modena sono sensibili al problema, ma serve prudenza”

Riflettere prima di picconare
“In provincia di amianto ce n’è tantissimo. E secondo una mia stima, il 20% dei siti dove è presente, tra pubblici e residenziali, è a rischio, nel senso che il materiale non è più in condizioni ottimali e potrebbe rilasciare fibre”. La constatazione è di Alessandro Gualtieri, professore di Mineralogia presso il Dipartimento di Scienze della terra dell’Università di Modena. Spiega: “Tra le aziende, per fortuna la sensibilità e la consapevolezza sono in aumento, specie nella nostra zona. Le politiche ambientali stanno funzionando: come Università abbiamo constatato come la percentuale di fibre nell’ambiente stia notevolmente calando.

Copertura d'amianto (foto del professor Alessandro Gualtieri)
Uno dei tanti siti della provincia con amianto in cattivo stato
Ma questo non vuol dire poter abbassare la guardia.” In che senso? “Vedere Sassuolo dall’alto fa impressione: il rapporto tra abitazioni e capannoni è quasi di 1 ad 1, e i capannoni molto spesso sono di cemento amianto.” E a causa di fattori climatico-ambientali o antropici possono degradarsi. Il controllo deve essere continuo, quindi, soprattutto in casi particolari: “E’ ragionevole pensare che, ad esempio, con la crisi che c’è, ditte che hanno chiuso abbiano lasciato le coperture in cattivo stato. La bonifica del sito verrà effettuata da chi acquista l’immobile, ma nel frattempo quel sito resta così”.
Ma l’attenzione si deve concentrare maggiormente tra i ‘semplici’ cittadini: “Il rischio è più alto nelle abitazioni e nei loro pressi: magari uno ha la classica ondulina di cemento-amianto sopra al pollaio o al capannone e nemmeno sa che sia pericolosa...”. La conferma arriva anche da parte dell’ingegnere Federico Bernardi, che per professione i siti li bonifica: “L’amianto è più pericoloso quando non si vede: fino agli anni ’90, ad esempio, veniva spesso usato a spruzzo come isolante tra un pacchetto murario interno ed esterno”.
Un altro capannone con copertura in cattivo stato (foto Alessandro Gualtieri)
Attenzione prima di picconare, quindi, specie le case di un certo valore costruite negli anni ‘60 e ‘70. E occhio a mettere mano a impianti idraulici, canne fumarie, garage. “L’amianto isolava bene per 40/50 anni, per l’edilizia è tantissimo. Era perfetto. Il problema è che nella sua forma friabile si disgrega anche solo toccandolo con le mani”. Per ogni dubbio, contattare Asl o Arpa.

Nei 1960 la Cina eravamo noi
Gli emergenti di solito non si fanno tanti scrupoli. Spallate scorrette possono far comodo. In questo caso, colpi mortali. Ad oggi Cina, Brasile, Russia e India estraggono od utilizzano senza problemi amianto, nonostante l’altra metà del mondo l’abbia bandito. Non ne vogliono proprio sapere. Il professor Gualtieri ha ancora fissata nella memoria l’immagine di un “esperto” dell’ex Urss che ad un convegno recitava che “Our asbestos is clean” (il nostro amianto è pulito). Mah. L’interesse economico prevale. Come continua a prevalere, d’altronde, nel moderno Canada, che procede a far fruttare le sue numerose miniere.
E come prevalse, purtroppo, nell’Italia del boom: già nel 1955 uno studio inglese dimostrava chiaramente che l’amianto facesse male. Non se ne “accorse” nessuno. Altri tempi? Forse. Ma anche un autorevolissimo studio della Iarc (International Agency for Research on Cancer) datato 1977 non venne ascoltato subito, se abbiamo dovuto aspettare il ’92 per intervenire con una legge.
Forse perché la miniera torinese di Balangero, seconda in Europa, ne commerciava tanto? Fate voi.

(per leggere l'inchiesta completa sulla situazione dell'amianto a Sassuolo, clicca qui) 



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