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Sassuolo oggi, tra 'ndrangheta e mafia Stampa E-mail
Scritto da Daniele Dieci   
mercoledì 07 giugno 2006

Sassuolo tra ‘ndrangheta e mafia siciliana.
Il consulente della Commissione antimafia Enzo Ciconte ci parla degli interessi e degli intrecci della malavita organizzata nel nostro territorio

Parliamo di mafia, e subito pensiamo a qualcosa di lontano. Gaurdiamo a violenze, soprusi, droga, ma con lo sguardo sicuro di chi non dovrà mai vivere tutto questo. Non è così. La mafia è ovunque, la mafia è a Sassuolo. Silenziosa, lontana dalle prime pagine dei quotidiani, apparentemente invisibile. “Le organizzazioni mafiose in questi territori hanno sempre agito così, sono state molto attente a non scontrarsi, a non creare conflitti cruenti che allarmassero l’opinione pubblica richiamando l’attenzione della stampa e degli investigatori.” A parlare è il professor Enzo Ciconte, ex parlamentare, docente di storia della criminalità organizzata all’università di Roma Tre e di Rimini, consulente della Commissione antimafia, autore de La criminalità Organizzata in Emilia Romagna. Ricostruzione di un quadro d’area. Modena, Reggio Emilia, Sassuolo, testo nel quale vengono approfonditi gli stessi argomenti di questa intervista. E’ lui a spiegarci il funzionamento della sorveglianza speciale e dell’obbligo di soggiorno (chiamato comunemente “confino”, come nel caso del “soggiorno” di Tano Badalamenti a Sassuolo raccontato nelle pagine precedenti, ndr). “Era una misura di prevenzione che relegava un personaggio di spicco dell’ambito mafioso in un paese del territorio italiano scelto in base a due parametri: la grandezza del paese e la distanza dalle ferrovie. Questa logica risulterà essere drammaticamente sbagliata, il confinato infatti riuscirà a mantenere i contatti con le sue terre d’origine grazie allo sviluppo del telefono e delle autostrade.” I confini nella provincia di Modena, secondo un rapporto della Direzione investigativa antimafia del Dicembre 1995,  dal 1965 ad oggi furono 326. Non va dimenticato che proprio negli anni ’70 Sassuolo visse uno sviluppo economico notevole, che comportò, oltre all’incremento delle disponibilità finanziarie, un sostanzioso flusso migratorio dal meridione verso la nostra città, in grado di offrire lavoro e benessere. In particolare, spiega il professor Ciconte, “ la situazione di Sassuolo risentiva della presenza di una pluralità di mafiosi calabresi, legati ad ambienti ‘ndranghetisti. Predominio sviluppatosi a partire dalla fine degli anni ’70, e consolidatosi lungo il decennio successivo.” Non si tratta di un predominio basato su strette alleanze e collaborazioni tra le famiglie, tutt’altro. “Il mondo criminale è sempre attraversato da tensioni interne e da mancanza di fiducia reciproca – ricorda il prof. Ciconte-. Non esiste e non è mai esistito un mondo idilliaco popolato dagli uomini d’onore rispettosi delle loro leggi e dei loro codici di comportamento.” Ma, a parte le incomprensioni esistite tra le famiglie, la ‘ndrangheta riuscì a sviluppare un controllo pressochè totale sullo spaccio di droga, utilizzando anche “società di copertura, come la ‘Calabria Trasporti’, fondata da Domenico Falleti e Antonio Spataro nel 1979, gazie alla quale i due malavitosi poterono sviluppare una fitta rete di traffici e contatti tali da detenere per un lungo periodo la maggior parte dello spaccio di droga a Sassuolo e dintorni.” Sul finire degli anni ’90 compare anche la mafia siciliana: “Da Siracusa nel 1989 Francesco Scottoli, personaggio di grande caratura mafiosa, arriva a Sassuolo, dove può contare sull’appoggio del fratellastro Cosimo Teodoro Barreca. I due si getteranno nel mercato della droga e vivranno numerose vicende giudiziarie. La Corte d’appello di Bologna riconoscerà a Scottoli contatti con organizzazioni mafiose e frequentazioni con pregiudicati originari di Siracusa e residenti a Sassuolo come Giovanni e Salvatore Greco.”        



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