Il “Sassolino” ha incontrato Philippe Daverio, dandy postmoderno, ex gallerista, ex politico, ora conduttore televisivo e professore universitario. Quanto segue è una breve conversazione attorno ad arte, politica e filosofia
Dottor Daverio lei è un famoso divulgatore d’arte ma alcuni operatori criticano i suoi metodi poiché nel tentativo di portare l’arte alla gente talvolta, inevitabilmente, si compie una semplificazione eccessiva dei contenuti se non addirittura uno svilimento degli stessi. Non sono d’accordo, credo cha la gente non sia così stupida. Il mondo della cultura italiano è strutturalmente caotico, non esiste ad esempio una distinzione, come nel caso britannico, tra Scholarship e Criticism. La scholarship, l‘educazione, è fondamentale, ma senza un’interpretazione successiva risulta completamente inutile; questa interpretazione successiva è un lavoro di ricerca antropologica. Io sono un antropologo culturale, cioè tento di capire i comportamenti delle tribù , i loro segni e simboli, tra i quali esistono i segni artistici, che sono quelli più immutati nel tempo, gli unici che possono essere interpretati ex novo di volta in volta. Questo lavoro io lo svolgo per l’università così come per una qualsiasi conferenza pubblica, e poter giocare tra questi due livelli mi obbliga ad un esercizio mentale di esposizione che spesso coloro che criticano non comprendono o non accettano, e ciò è naturale perché il mondo degli intellettuali solidi fa paura a quello degli intellettuali fragili. Io appartengo ad un mondo di intellettuali solidi, credo fermamente alla funzione dell’intellettuale come uomo d’azione, di diffusione e di propaganda. Per dirla in altre parole, lo scholar sta al critic come un buon odontotecnico sta ad un dentista; può fare ponti fantastici ma é compito poi del dentista vedere se quel ponte è applicabile o se il paziente potrà guarire o meno. In questo sta la differenze tra le 2 funzioni. Tra non molto si terrà a Sassuolo il Festival Filosofia. La filosofia, così come l’arte contemporanea, è di per sé una materia non accessibile a chiunque. Crede che manifestazioni di questo tipo possano realmente riuscire nel loro intento, che è poi lo stesso che lei si prefigge con la trasmissione Passepartout? I percorsi della creatività sono scienza, filosofia e arte, non ce ne sono altri. La scienza procede per percorsi d’indagine iniziatici, anche se i suoi risultati diventano tangibili. La filosofia è iniziatica sia nella sua fase elaborativa che in quella conclusiva. L’arte invece non è iniziatica, è solo da imparare, è parnassiana. La vera arte è sempre capita, l’arte che non si capisce probabilmente non è vera arte, e la crisi della contemporaneità consiste in questo. Manifestazioni come questa che si terrà a Sassuolo sono utili in quanto avvicinano la gente ai temi e magari convertono qualcuno. Ci troviamo ora nel Palazzo Ducale di Sassuolo, un meraviglioso contenitore purtroppo poco utilizzato. Data la sua esperienza di assessore alla cultura al Comune di Milano, qual è la sua personale opinione a riguardo e quali le possibili soluzioni. Tutti i contenitori sono alla ricerca di un proprio destino, molto dipende dalle scelte che farà l’Italia riguardo al proprio futuro. La prima ipotesi, attualmente visibile, è chiaramente perdente. La seconda, meno perdente, è quella di diventare un grande apparato, un turistodromo internazionale, una Disneyland dell’estetica, e allora probabilmente arriveranno tanti cinesi che ci daranno le mance. La migliore delle ipotesi però è utilizzare queste strutture come strumento per la competizione di domani. Questa terza via è chiaramente la più difficile perché richiede una consapevolezza che mi sembra oggi non ci sia ancora ma è quella per la quale io mi batto. Bisogna credere e immaginare un paese che riordini la propria urbanistica, spesso deforme, attorno ai vari Palazzi Ducali d’Italia, e in questo modo offrire opportunità di competizione per le stesse imprese. Cina, India e Turchia potranno anche produrre piastrelle più economiche ma non potranno mai copiare il patrimonio artistico italiano. Ciò chiaramente non è semplice ma se saremo in grado di vincere questa scommessa vorrà dire che saremo diventati tutti molto molto ricchi.
 Philippe Daverio tra i giornalisti del Sassolino Marco Mazzacani e Catia Bartoli
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