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Il baco del millennio

Scritto da Annalisa Vandelli

martedì 09 ottobre 2007

L’11 settembre scorso in Etiopia abbiamo festeggiato l’ultimo dell’anno, siamo balzati dentro il millennio, passando dal 1999 al 2000. Non sono in uno stato confusionale dato dal chat, la fogliolina magica, a base di anfetamine, che qui in tanti masticano lungo le strade, ma sono reduce da una settimana di festeggiamenti, programmati per tutte le tasche, anche per le più vuote.
Il calendario etiopico deriva da un complesso calcolo che parte da lontano, mescolando sapienza egiziana a calendario giuliano. E grazie a questo amalgama siamo passati dalle feste in case private, agli sfarzi dello Sheraton, i cui fuochi d’artificio hanno rallegrato anche il cielo dei poveri; al grande concerto aperto a tutti allo stadium in cui hanno trionfato i cantori del pop etiopico; alla piazza di Meskel, in cui la folla era incontenibile, come pure lungo le strade. Un clima euforico, molto europeizzante, che vorrebbe essere la premessa di buone speranze per il prossimo futuro. Molto europeizzante certo nello stile dei festeggiamenti che poco o nulla avevano a che fare con le tradizionali manifestazioni di gioia etiopica, ma anche nel fare sparire le brutture dalle strade, per non vedere ciò che ognuno di noi vorrebbe fuggire.
Ventimilioni di dollari spesi. Sarebbe troppo facile cadere nella retorica domanda del perché di tanto sfarzo in un paese piegato da mille problemi, che vanno dalla lebbra alla morte per fame. Sarebbe forse come chiedersi perché sprecare l’ultimo sorso d’acqua per un moribondo di sete. Per cui non farò questa domanda.
A una settimana di distanza, si tolgono i festoni dalle strade e anche qualche speranza che quelle luminarie portassero via molto di più. A una settimana di distanza, siamo qui a sperare di non vedere mai più i cecchini sui tetti a controllare che la festa vada bene, che nulla rovini il clima di gioia diffusa come l’alcol dentro il fegato.