Quando Bernacca è un Borana |
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Scritto da Annalisa Vandelli
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mercoledì 09 maggio 2007 |
Halaka è un uomo sulla settantina, così secco che gli si potrebbero contare le ossa ad una ad una, tenendole tra le dita. Esce dalla capanna, si siede sul suo poggiatesta per terra, davanti all’entrata e aspetta di trovare la concentrazione necessaria per parlare. Con le dita magre e nodose forza il contenitore di pelle che gli penzola sulle costole, estrae e sniffa il pizzico di tabacco necessario per far pienamente godere le narici. Halaka, maestro nell'arte divinatoria Il resto del villaggio si siede intorno a noi: siamo un enorme orecchio aperto sulla vita di questo anziano venerato per gli anni e per un dono speciale, coltivato nello studio della natura. Halaka comincia: “Tanti anni fa un animale con le corna si è mangiato la bibbia borana, distrattamente lasciata a terra, qui, in piena savana. Da allora l’unico modo per accedere ai segreti del testo è leggere gli intestini di vacche e capre, laddove il libro si è impresso. Con una cerimonia rituale, al tempo stabilito, apriamo e leggo le piogge”. Sul recinto di protezione del villaggio sono appese le corna reduci dell’ultimo sacrificio a suggello della divinazione. “Leggo anche le stelle e alcuni fiori”. Mi guardo intorno: il paesaggio è così secco che solo qualche acacia testimonia di una natura ancora in vena di regalare un po’ di verde. “C’è una costellazione che racconta una scena di caccia all’elefante, composta dalla preda, due uomini e tre cani”. Col dito mi indica il cielo, trascinando un braccio affaticato dagli anni traccia il percorso ideale del pachiderma che fugge. “Se la corsa si interrompe lì, vuol dire che non pioverà”. Un silenzio tombale ci avvolge. Tutti qui sanno che se dovesse succedere sarebbe morte certa, come due anni fa, nel 2005. Quanti hanno perso i parenti perché l’elefante si è fermato! Halaka conclude protestando contro i giovani che non vogliono più imparare l’arte divinatoria, ma preferiscono andare a scuola e si montano la testa. Lui è disponibile a insegnare a tutti, anche a me, a patto che impari la sua lingua: l’oromifa.
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