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I livelli di Gene Stampa E-mail
Scritto da Enrico Vannucci   
giovedì 21 gennaio 2010

Gene GnocchiTEATRO CARANI - Martedì 19 Gennaio il Teatro Carani ha ospitato l’ultima opera teatrale di Gene Gnocchi dal titolo Cose che mi sono capitate, testi di Francesco Freyre ed Eugenio Ghiozzi con la partecipazione dello scrittore modenese Ugo Cornia, per la regia di Massimo Navone e la produzione di ITC 2000. La spettacolo, un monologo comico della durata di circa un’ora e mezza, vede l’attore nato a Fidenza raccontare al pubblico una serie di eventi accorsigli nel corso della vita. Aneddoti che, inutile dirlo, risultano essere del tutto fasulli e partoriti dalla fervida immaginazione degli autori del libretto. L’umorismo di Gnocchi non è mai stato né semplice, né direttamente comprensibile. Il comico ha da sempre lavorato – e continua a farlo, come Cose che mi sono capitate testimonia – cercando di porre se stesso all’interno dell’universo dell’assurdo.

Per capire il registro utilizzato è sufficiente analizzare la satira che vede Tarzan come protagonista. Gnocchi mette assieme elementi del tutto incongrui tra loro senza preoccuparsi minimamente dell’evidente contraddittorietà. L’uomo della Savana, infatti, archetipicamente originario dell’Africa, dirigendosi in aereo in Amazzonia – dunque in Brasile – finisce per ammarare nel Titicaca – al confine tra Bolivia e Perù, ben oltre, quindi, il grande polmone verde del mondo – lago che, nel racconto, bagna la florida foresta del Borneo – l’isola del sud-est asiatico divisa tra Indonesia, Malaysia e Brunei. E’ l’incongruenza – in questo caso geografica – che rende assurdo non solo questo sketch ma tutto l’intero spettacolo. L’universo portato in scena dal comico fa riferimento al mondo reale ed empirico che esperiamo ogni giorno e che vede come oggetti della satira sempre i soliti noti: da Berlusconi a Bondi, da Giuliano Ferrara alla Moratti. Qui, però, il collegamento con il Paese reale non è altro che il punto di partenza per un viaggio verso un mondo altro, diverso, del tutto slegato dalle regole del nostro. Una società dell’assurdo nella quale è plausibile venire rapiti dalla mafia all’interno di un autolavaggio per poi ritrovarsi a dover fare la fila come in Posta, stringendo tra le mani il biglietto numerato in attesa del proprio turno, per essere ricevuti dal boss in persona. Un umorismo, dunque, non di facile comprensione, nonostante gli spettatori – purtroppo poco numerosi – si producano lo stesso in innumerevoli e reiterate risate. Ciò è reso possibile soprattutto grazie a una capacità di scrittura abile nel costruire battute dotate di più livelli di significato e che, con molta arguzia, mescola un registro più colloquiale e uno, invece, più ricercato, intuibile solo da coloro che pongono attenzione a tutte le sottili incongruenze che animano il parlato di Gnocchi. Lo spettacolo è dunque risultato piacevole, in particolar modo nella prima parte, assai più divertente se paragonata a una seconda un poco sottotono. Solo due aspetti, peraltro tra loro collegati, possono, forse, essere giudicati non del tutto in maniera positiva: la brusca interruzione del monologo e la chiusa finale. Lo spettacolo – formato come si diceva da racconti eterogenei, suddivisi tra loro da brevi stacchi musicali nei quali Gnocchi si muove e balla del tutto privo di una qualsiasi forma di grazia – improvvisamente, anche perché privo di un filo conduttore, si conclude senza che lo spettatore se lo possa attendere, provocando così, in chi guarda, una sensazione spiacevole, quasi d’insoddisfazione, legata alla durata. Un finale che non solo si presenta bruscamente ma che si trasforma anche in una sorta di spiegazione – per certi versi favolistica e moralistica – di ciò a cui si è appena assistito. Un commento finale che, però, tende a sminuire tutta l’opera, facendole perdere la caratteristica forse più importante: quella doppia lettura di significato che, in Italia, solo pochi autori sono capaci di trattare adeguatamente.

La stagione teatrale del Teatro Carani continua Venerdì 29 Gennaio alle ore 21 con La Maria Zanella di Sergio Pierattini, opera vincitrice del Premio Ubu 2005, per la regia di Maurizio Panici e con Maria Paiato nel ruolo della protagonista.



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