In un’analisi sociologica delle ultime elezioni comunali è difficile trascurare il peso delle parrocchie sassolesi sull’esito ultimo della tornata. Con questo non si vuole affermare che il risultato si sia giocato esclusivamente all’ombra dei campanili, ma certamente, inutile negarlo, le realtà parrocchiali della nostra città rimangono una delle poche forme concrete di vita associativa tra gruppi omogenei di persone, più facilmente, come dire, raggiungibili. Realtà che però, almeno per quanto concerne la nostra cittadina, sembrano avere perso il loro referente politico, in altre parole un partito che ne raccolga i voti e le istanze. Questo vuoto elettorale, testimoniato anche dal fallimento politico dell’UDC locale (attestato percentualmente a meno della metà della media nazionale), ha portato inevitabilmente ad una spoliticizzazione degli elettori, ad una perdita di quella passione politica, o meglio ancora di quella speranza nella politica che si viveva, tanto per intenderci, ai tempi della DC. Questo approccio distaccato e titubante alla cabina elettorale ha lasciato però sgombro il campo ai singoli politici a caccia di preferenze. “Se le parrocchie non hanno più un partito, che almeno abbiano dei consiglieri comunali, da una parte o dall’altra, a destra o a sinistra della palude”. E così, in riferimento al primo turno, sono arrivate numerose le preferenze per i singoli candidati consiglieri espressione delle diverse parrocchie, facendo gran uso del voto disgiunto, o addirittura senza dare preferenza a nessun partito. Una spoliticizzazione che, a mio modo di vedere, può quasi ritenersi irreversibile. Il bisogno di politica degli elettori di parrocchia, la necessità di essere guidati e di identificarsi in principi etici e in dettami morali, questa serie di compiti, insomma, viene svolta totalmente dalla gerarchia ecclesiastica, a partire dalla Cei fino ad arrivare al singolo parroco. E’ questo il segreto della perdita di passione politica: il sapere che, in un modo o nell’altro, che vinca il PD o il PdL, loro hanno sempre qualcosa di altro e di più forte da seguire, qualcosa che li fa sentire partecipi di una politica superiore, e allo stesso tempo unica. Il sapere che, comunque vada, loro hanno già vinto.
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