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IL PASSEGGERO OCCIDENTALE, di Miro Silvera Stampa E-mail
Scritto da Davide Scaringi   
martedì 14 aprile 2009
 IL PASSEGGERO OCCIDENTALE, di Miro SilveraIl passeggero occidentale, di Miro Silvera

(Ponte delle Grazie, 2009)

174 pagine, € 14,00 

     In Il passeggero occidentale un giovane ebreo bisessuale parte da Boston alla ricerca del proprio padre e, in modo neppure troppo velato, alla ricerca di se stesso, perso nella duplicità del rapporto violento e brutale con un giovane musulmano e nell’amore tutto femminile di Amanda. Ad entrambi scrive lettere da ogni posto in cui il suo viaggio lo conduce, risolutorie e quasi senza appello per l’uno e di disperata necessità per l’altra.

     Il suo peregrinare ha ragione d’essere nella penombra di una madre scomparsa, e di cui ritrova ricordi in ogni luogo vissuto fin dentro alle sue contraddizioni di violenza e necessità, e di un padre che pare non esistere e neppure essere mai esistito, di cui le poche tracce sembrano sbiadire e farsi più tenui via via. Miro Silvera narra un mondo in cui il finale tragico di ogni esistenza è dietro l’angolo, e i personaggi che ruotano intorno al protagonista paiono condensare in loro ogni traccia da lui lasciata nel mondo stesso, come fosse il canale di trasferimento di tutti i loro vissuti. Il fatale viene vissuto come ordinario, la presa di coscienza con relativa autodeterminazione viene rappresentata in un modo tutto ambiguo in cui l’uomo, ad ogni passo, perde un po’ di sé, per ritrovarsi in una forma nuova e sconosciuta. Non è un male se la ricerca si conclude con un atto d’amore che riempie e recupera il tempo perduto.

     Il viaggio raccontato da Silvera è un viaggio tutto reale e al contempo tutto fantastico, scritto da una dimensione doppia, che scorre su binari diversi, e che conosce, suo malgrado, solo la stazione di partenza, e non per mero cliché, ma svestito dagli abiti occidentali del titolo, viaggiatore per un istinto naturale teso a lasciare tracce di passaggi verso orizzonti sconosciuti, in un continuo altalenarsi tra Oriente e Occidente. Boston, Essaouira, Marrakech, Casablanca, Tangeri, Alessandria d’Egitto, Tel Aviv, Beirut, Istanbul, Mosca, Shanghai, Calcutta e di nuovo Boston. Tappe e esperienze diverse che fanno dire allo scrittore siriano di Aleppo, ma milanese di adozione, “Prima collezionavo cose. Dal mio viaggio in poi, mi rendo conto di collezionare rapporti umani, luoghi e persone. E momenti, alcuni irripetibili momenti.” Un libro teso all’interiorità, esplicito fin dall’inizio e senza mezze misure. Un libro possente, disperato ed enigmatico.


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