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Armando Massarenti: "Fantasia utile alla realtà" Stampa E-mail
Scritto da Marcello Micheloni   
mercoledì 17 settembre 2008

Armando Massarenti, uno dei filosofi più apprezzati e seguiti del panorama contemporaneo, ci aiuta ad introdurre le tematiche della kermesse 2008.  A partire dalla regina del ballo di quest’anno, la Fantasia: “Fondamentale per produrre argomentazioni e per confrontarle”. Cominciando dalla quotidianità…

Egregio Massarenti, cos’è che secondo lei spinge così tante persone a partecipare al Festival Filosofia e a festival affini?

Armando Massarenti
Armando Massarenti
Un desiderio di approfondimento ma anche di orientamento. Nel senso che le agenzie tradizionali che facevano questo, tra cui la televisione ma anche l’università, per citare due soggetti opposti e diversi, un tempo davano spunti meno confusi, chiavi di lettura sulla realtà, sulla stretta attualità. Per cui andare a sentire certe parole direttamente dai protagonisti può essere una delle motivazioni che spinge la gente a queste manifestazioni. E’ vero che c’è pure internet che dà un sacco di informazioni, ma anche per l’utilizzo della rete manca un orientamento di fondo. Ai festival, quindi, ci si va per approfondire ma soprattutto per orientarsi. E anche per vedere di persona studiosi e personaggi importanti.
C’è anche questo elemento…
C’è un aspetto vagamente divistico, attenuato però dal fatto che si va poi anche a sentire persone che non sono divi affatto ma che semplicemente hanno scritto dei buoni libri.
Ad alcuni ospiti il pubblico riserva un trattamento da rockstar.
Il pericolo è che a volte i filosofi e gli intellettuali in generale si atteggino a vati, a grandi predicatori. Dove poi svanisce un po’ il contenuto, il ruolo del discorso, e rimane questa impressione di avere a che fare con una specie di oracolo. Qualcuno si presenta un po’ così, con voce impostata, retorica impostata in un certo modo, con discorsi altisonanti, con una sorta di presunta saggezza che però non dà davvero degli strumenti. Ecco, la cosa da evitare è quella, ma qui si tratta poi di capire fino a che punto il pubblico vuole davvero degli strumenti, o fino a che punto invece vuole pensare che ci sia qualcuno che la sa più lunga di lui e che gli vuole dare una direzione, se vogliamo anche spirituale. Il rischio è un po’ quello: che invece di tornare a casa con strumenti utili per la nostra realtà economica, politica e così via, si torni a casa solo con la vaga sensazione di aver sentito uno molto intelligente, che la sa molto più lunga di noi, senza averne però ricavato niente di particolarmente valido per l’esistenza quotidiana.
Si può correre il rischio in manifestazioni del genere di banalizzare argomenti complessi per renderli accessibili ai più? Lei, d’altronde, si è già confrontato sulla Filosofia con un pubblico vasto: mi riferisco ai tanti lettori della sua rubrica di “Filosofia minima” sul Sole 24 ORE
Con la mia rubrica faccio esattamente il contrario di banalizzare: cerco di mostrare che anche grandi temi filosofici possono essere affrontati a partire da situazioni minime. E’ un esercizio difficile partire dal basso, dalle cose piccole per arrivare a quelle grandi; quando si parla direttamente di quelle grandi, magari tra filosofi, paradossalmente è più facile. Invece prendere un banale episodio, un piccolo problema della vita, come ad esempio smettere di fumare o fare una coda davanti allo sportello, e tirarne fuori delle osservazioni filosofiche acute e anche tecnicamente solide, cioè che rimandano ad un modo di fare filosofia serio, è un esercizio difficile e non è affatto banalizzazione. La mia rubrica si chiama “Filosofia minima”, ma dove minimo sta anche nel senso di essenziale, di mattone fondamentale. Come quando si dice “elementare”: non è qualcosa di banale, ma qualcosa su cui si fonda tutto il resto.
C’è anche il tentativo di far capire quanto i grandi problemi ci possano riguardare da vicino.
Chiudo con la domanda delle domande: cos’è la Fantasia?
Dirlo in due parole non è facile. La filosofia se ne occupa da sempre, si potrebbero citare definizioni quali “la capacità di combinare le idee in maniera inusuale”. E’ una sorta di facoltà fondamentale legata alla nostra capacità di attrarre e di vedere il mondo in modo diverso rispetto a quello che è, per poi magari ritornare al mondo e capirlo anche meglio a seconda di quanto acuti e utili si siano poi dimostrati i nostri esercizi di immaginazione.
Molto spesso immaginare o fare viaggi fantasiosi ha proprio a che fare con quello che facevano, per esempio, i filosofi antichi: delle specie di esercizi spirituali, attraverso i quali si può immaginare di fare un lungo viaggio negli spazi interplanetari con una finalità filosofica: immagino tutto il viaggio nel dettaglio, immagino di incontrare pianeti, stelle, poiché poi traggo la conclusione pratica di “quanto piccoli siamo di fronte a questo universo”.
Negli “esercizi spirituali”, espressione di Ignazio di Loyola, si lavora proprio con l’immaginazione e con la capacità di far lavorare la fantasia in una direzione che però ha delle finalità morali. Nel caso del gesuita Ignazio tutto questo serviva per ripercorrere le tappe della propria fede e per rafforzare la vita morale e spirituale. E così succedeva anche in buona parte della filosofia antica.
Ecco, recuperare quel pezzo di filosofia mi sembrava cosa importante; la mia rubrica non a caso parla di esercizi, ed esercizi proprio in questo senso: usare delle microstrie, delle illuminazioni, come quella del “lancio del nano”, un micro-racconto già in una frase, in modo che rimanga già da subito qualcosa, che poi magari si definisce meglio anche con immagini. E queste immagini producono poi argomentazioni: linee di argomentazione che possono essere confrontate tra loro e così via.
In questo senso ho interpretato l’immaginazione della fantasia: la capacità di inventarsi esercizi, esercizi spirituali. Pierre Hadot ha riletto tutta la storia della filosofia alla luce di questa idea.
Concludo invitando tutti ad imitarmi: è un metodo utile per la vita quotidiana di chiunque.

Piazza Grande a Modena (foto Tuliozi)
Armando Massarenti lavora per il supplemento culturale "Il Sole 24 Ore Domenica" dove si occupa, dal 1986, di storia e filosofia della scienza, filosofia morale e politica, etica applicata. È direttore della rivista "Etica e Economia" ed è professore a contratto in diverse università. Con "Il lancio del nano e altri esercizi di filosofia minima" (Guanda, 2007) ha vinto il Premio filosofico Castiglioncello e il Premio di saggistica "Città delle rose". Il testo di Armando Massarenti ha ispirato uno degli appuntamenti più attesi del Festival: L'Associazione culturale Mimesis metterà in scena "Il lancio del nano" attraverso una performance narrativa, fisica e digitale. Il tutto sabato 20 settembre al Palazzo dei Musei di Modena, in due sessioni: alle 22.30 e alle 24. Su prenotazione dal 10 settembre: tel. 340 4072508 e 320 2344724 (09.00-13.00) - "Staminalia - Le cellule 'etiche' e i nemici della ricerca" (Guanda) è il suo ultimo libro. Dalla quarta di copertina: “I ‘miracoli’ delle cellule staminali adulte e la demonizzazione della ricerca sulle embrionali. Un saggio filosofico-scientifico che smaschera i falsi argomenti contro la libertà della ricerca e che racconta la complessa e spesso inedita storia della ricerca oggi più promettente in campo medico.”
 



Commenti
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NANO  - intelligenza   |2008-09-17 06:59:50
Sul comodino ho Il Lancio del Nano. Sempre utile per andare a letto sentendosi
più intelligenti.
Fred  - sabato   |2008-09-18 17:41:11
Ci si vede sabato sera
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