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Made in Italy negli Usa? Meno 18% in due mesi Stampa E-mail
Scritto da Luigi Giuliani, da Chicago (Illinois)   
giovedì 10 maggio 2007
Forte calo nelle esportazioni di piastrelle italiane nei primi due mesi del 2007.
“Mister” Donato Grosser ci spiega il perché, tra difficoltà e criticità del marcato immobiliare americano, indebolimento del dollaro e concorrenza

Donato Grosser, presidente della “D.Grosser and Associates”, da vent’anni consiglia le aziende ceramiche italiane nel difficile mercato americano. I motivi d’incontrarlo sono stati tanti, non solo nel suo ufficio di New York sulla Madison Avenue, ma anche al Cersaie di Bologna, nella sede sassolese di Confindustria Ceramica e, un paio di settimane fa, al Coverings 2007, la più importante fiera delle piastrelle in ceramica del Nord America che si è svolta al McCormick Place di Chicago. Disponibile, come sempre, classico berretto blu in testa, Donato Grosser ha risposto ad alcune nostre domande che, inevitabilmente, hanno riguardato il forte crollo del consumo interno americano di piastrelle in ceramica.
Luigi Giuliani intervista Donato Grosser
Luigi Giuliani intervista Donato Grosser

Mister Grosser, l’Italia, in materia d’esportazioni, rimane il primo produttore di piastrelle per il mercato del Nord America. Quali sono i motivi che hanno determinato un trend così negativo?
Principalmente è dovuto alla situazione del mercato immobiliare. In parte anche alla concorrenza e al valore del dollaro rispetto all’euro.
Cosa mostrano gli indicatori economici in questi primi mesi del 2007?
L’import, negli Stati Uniti, di piastrelle in ceramica “made in Italy”, nei primi due mesi, è sceso totalmente del 18%. C’è, ad ogni modo, differenza fra i diversi Paesi produttori. I cinesi sono rimasti stabili, in leggera crescita: tutti gli altri sono scesi. Gli spagnoli del 33%, i messicani del 10%, i brasiliani del 5%. Per i turchi è andata ancora peggio.
Qual è stato in questi ultimi anni, dal suo punto d’osservazione, l’andamento sul mercato del Nord America della piastrella italiana?
Gli italiani, in quest’ultimo periodo, hanno perso, in media, il 4% ogni anno.
Perché un calo del 18% nei soli primi due mesi del 2007?
Gennaio e Febbraio, che sono i peggiori, sono difficili da analizzare. A mio parere, un 4% della perdita è dovuto soprattutto più al dollaro che alla concorrenza; un 10% del calo è stato per il mercato. Le costruzioni negli Stati Uniti sono bloccate. Non vanno. Teniamo conto che circa il 70% delle piastrelle italiane vanno al mercato dei rifacimenti e con l’attuale crisi nelle ristrutturazioni il calo è naturale.
I produttori italiani sono in grado di mantenere la leadership sul mercato del Nord America?
Producono piastrelle che da sempre piacciono agli statunitensi. Materiali d’alto livello che debbono continuare a distinguersi non tanto per la qualità, che non è più tanto distinguibile, ma per il design. Bisogna avere delle proposte, dei colori nuovi; praticamente il mercato delle piastrelle negli Stati Uniti è diventato un mercato di moda. Questo vuol dire che occorre fare sfilate in continuazione, venire con i modelli e poi immettere sul mercato le linee che funzionano. Uno non può venire negli Usa con una serie completa e pensare di vendere tutto. E’ sbagliato. Occorre presentare una ventina di modelli, poi, quei tre o quattro che incontrano il parere favorevole del cliente finale, si producono.

Nel corso del 2006, nonostante tutte le ben note difficoltà, la domanda di piastrelle di ceramica negli Stati Uniti è cresciuta del + 2,7%, arrivando ad un nuovo record di 311,9 milioni di metri quadrati. Pur in presenza di un rialzo nella produzione statunitense, agevolata in questo dagli importanti investimenti realizzati anche negli stabilimenti controllati da gruppi ceramici italiani (Marazzi, Panaria, GranitiFiandre, Floorgres, Emilceramica…), sono ancora le esportazioni a coprire l’intera espansione della domanda interna, a conferma della grande apertura internazionale di questo Paese. E questo nonostante un progressivo indebolimento del dollaro che ha reso le importazioni, in modo particolare quelle espresse in euro, più onerose per il consumatore statunitense. Le piastrelle italiane coprono la fascia alta del mercato e danno risposte a chi cerca esclusività, eleganza, innovazione. L’Italia esporta negli Stati Uniti con un prezzo medio di 13,6 dollari al metro quadrato, in crescita del + 6% rispetto al 2005. Piastrelle, quindi, in grado di offrire al sistema della distribuzione migliori margini reddituali che il basso di gamma indifferenziato per contenuti estetici e qualitativi, non è in grado di offrire. (l.g.)


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