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Kit Carson e il whisky a colazione Stampa E-mail
Scritto da Fabio Panciroli, da Chicago (Illinois)   
mercoledì 09 maggio 2007
Michael P.Johnson, professione architetto, è una delle curiosità più suggestive del Coverings. Amante della vita e delle belle donne, ha un’opinione chiara sulla ceramica italiana: “Resta la migliore”

Sessantanove anni la prossima estate, 4 mogli una più giovane dell’altra “..e la quinta sarà più giovane della quarta ..ho amato le donne da quando ero bambino..”, cintura alla John Wayne: un Kit Carson di “bonelliana” memoria, se solo non si ostinasse a rasarsi il pizzetto sarebbe l’esatta incarnazione di “capelli d’argento”, il fraterno amico di Tex Willer.
Michael P.Johnson, professione architetto, è una delle curiosità più suggestive, piastrelle italiane a parte, del Coverings da quando vinse gli Assopiastrelle Award progettando e realizzando una meravigliosa quanto innovativa abitazione nel bel mezzo al deserto, utilizzando naturalmente piastrelle Made in Sassuolo.

Fabio Panciroli in compagnia di Michael P .Johnson (a destra)
Fabio Panciroli in compagnia di Michael P .Johnson (a destra)

L’acqua fa la ruggine, il vino ha un brutto sapore: al malto della birra preferisce il doppio malto dello “scocth” col quale pasteggia, persino alle 7 di mattina durante la colazione, 3 pacchetti di sigarette al giorno, rigorosamente senza filtro “..saranno la mia rovina..” dice, ma non si riferisce alla salute quanto al portafogli: negli States  un pacchetto di “bionde” oscilla tra i 7 e i 10 dollari, un disincentivo molto più efficace delle macabre scritte che troviamo nella vecchia Europa.
Michael lavoro ne ha tanto, al punto di permettersi di fare ciò che gli piace, e per uno che ha l’ardire di definire le realizzazioni di Ghery  “architettura Holliwodiana, alla Britney Spears” significa fare una cernita molto accurata di progetti e cantieri.
“Chicago – ci ha detto – è la patria dell’architettura, per più di un secolo qui si sono sperimentate nuove soluzioni, nuove tipologie di edifici che poi hanno fatto scuola in tutto il mondo”
In che senso?
“Qui sono nati i grattacieli, qui nella prima metà del ‘900 si mescolava calcestruzzo e acciaio per dar vita a qualcosa di nuovo. Negli ultimi anni voi italiani avete visto Orlando durante il Coverings: Chicago è una città, Orlando è un giocattolo. Visitate i lavori di Frank Lloyd Wright o di Mies Van Der Rohe, calatevi agli inizi del secolo scorso, quando l’elettricità era annunciata ma non era ancora arrivata: questa è architettura,  questa è arte”.
In una città di questo tipo c’è spazio per le piastrelle italiane?
“Se mi chiede se c’è spazio per le piastrelle rispondo di sì: anche la ceramica rappresenta il futuro, meno costosa e più resistente delle pietre, più igienica, lavabile di moquette e parquet. Per le piastrelle italiane, invece, il discorso è diverso: per loro c’è spazio ovunque: sono le migliori, qualitativamente ed esteticamente. A tutti, anche a noi americani, piacciono le cose belle. La scelta di Chicago, per Coverings, è stata la migliore: i produttori italiani benediranno il giorno in cui l’hanno presa”.



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