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LA VENDITRICE DI PICCOLE COSE, di Patrizia Bartoli Stampa E-mail
Scritto da Paola Stefani   
mercoledì 11 maggio 2011
 LA VENDITRICE DI PICCOLE COSE, di Patrizia BartoliLa venditrice di piccole cose, di Patrizia Bartoli

(Incontri, 2011)

€ 12,00

 

 

 

INTERVISTA ALL'AUTRICE

 

La venditrice di piccole cose di Patrizia Bartoli è una raccolta di dieci racconti ambientati nella provincia lucchese, in alcuni paesi della valle del Serchio, negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. 

Vi si narrano storie di donne che vivono una condizione di solitudine; tuttavia, nella loro fragilità, non smettono di lottare con coraggio contro le avversità della vita e non si rassegnano alla bufera che minaccia di ghermirle.
Accanto a loro, tre figure di giovani uomini: Pietro che è devastato dal rimorso per quello che ha fatto quando era un inquieto adolescente; Franco che, a soli tredici anni, porta nel cuore un desiderio impossibile che lo tormenta; Alessio che, nel breve arco di una notte, vive il subbuglio dell’innamoramento.
I dieci racconti ci parlano di un piccolo mondo antico che, se non distogliamo lo sguardo troppo in fretta, sapremo apprezzare in tutta la sua autenticità.
Un mondo semplice, ancora non toccato dalla modernità, dove la vita scorre con il ritmo naturale delle stagioni. Un mondo fatto di gesti di normale quotidianità, di socialità paesana, ma anche connotato dalla rassegnazione, dalla rinuncia, dalla durezza di un destino inesorabile, al quale i protagonisti sembrano non riuscire a sottrarsi.


L’intervista a Patrizia Bartoli (che di solito cura questa rubrica per "il Sassolino.net", ndr.) è di Paola Stefani che ha scritto la postfazione al libro edito da Incontri Editrice.

La prima domanda che voglio farti riguarda il tuo rapporto con la scrittura: come è nata la tua necessità di scrivere? Era un bisogno di espressione che covava dentro di te da tempo, oppure è stata una scelta estemporanea?
La necessità di scrivere: non so se posso definirla così. La mia necessità è soprattutto, e lo è stata da sempre, quella di leggere. Sono una lettrice prima di tutto e amo leggere racconti. La scrittura viene dopo, quasi a compimento di un percorso iniziato tanto tempo fa. Forse posso fare a meno di scrivere, ma non di leggere.
Scrivo da molto tempo, ma l’occasione di farlo non solo per me, è capitata tre anni fa, nel 2008 quando venni a conoscenza del bando di concorso del Premio di Narrativa Arturo Loria di Carpi. Inviai il racconto La signora Parrini, che fu uno dei dieci finalisti e fu pubblicato insieme agli altri da Marcos y Marcos.
Che cosa ti dà la scrittura? Curiosità, piacere o che altro?
La mia scrittura non è mai facile perché io non scrivo di getto. Scrivo e leggo, riscrivo e rileggo, tante di quelle volte che di ogni racconto accumulo più stesure. E poi anche quando sono all'ultima, almeno credo, ho la tentazione di rivedere e di cambiare qualcosa. Insomma, un tormento. Ma non so fare diversamente. Però, se non mi desse piacere, lascerei tutto lì e farei altro. Per tanto tempo ho fatto altro e ancor oggi non scrivo assolutamente tutti i giorni, come invece fanno, o dicono di fare, i veri scrittori!
Il tuo stile è asciutto e concentrato nella parola. La tua è stata una scelta ragionata tra diversi modelli di scrittura, oppure corrisponde semplicemente al tuo carattere, al tuo modo di osservare il mondo?
Lo stile asciutto, di cui parli giustamente, non è una scelta, ma una mia esigenza. Non mi piace la prosa ridondante che spreca troppe parole per dire. Ammiro chi sa narrare e descrivere in modo chiaro e semplice lasciando che la storia si dipani senza troppi orpelli. Uso spesso il metodo della sottrazione. E poi ho una riprovazione maniacale per tutto ciò che sa di ripetizione, soprattutto lessicale. Penso che questo sia dovuto alla mia esperienza d’insegnante d’italiano. La matita rossa è sempre pronta a scattare!
Una domanda sui finali aperti. Penso in particolare  alle storie di Olga, di Franco, di Luisa tra gli altri, che sono i protagonisti di alcuni racconti presenti nel libro.
I finali aperti mi piacciono molto perché li interpreto come un'altra possiblità che la vita offre ad ognuno di noi. E' una specie di ribellione che senz'altro mi cova dentro e che riverso nei miei personaggi. Niente è definito, può sembrarlo inizialmente, ma non è così. Alcuni personaggi si salvano da un destino apparentemente segnato con una forza di volontà che non credevano di avere. Per loro è quasi una redenzione. Se chiamarla redenzione è eccessivo, posso dire senz'altro riscatto. Penso a La signora Parrini che diventa Olga, una donna che si libera dalla prepotenza del marito, che per la prima volta nella sua vita agisce e non subisce.
Per Franco e Luisa è forse diverso perché lì interviene qualcosa di irrazionale che li travolge. E' il fantastico un po' alla Buzzati che entra prepotentemente nel reale. Posso sembrare presuntuosa con questo riferimento allo scrittore bellunese che fu giornalista al Corriere della Sera, ma non è così. Il fatto è che nutro per lui una passione letteraria assoluta.
I tuoi racconti sono tutti scritti in terza persona. Ma, in fondo chi scrive racconta sempre se stesso. Protetto dietro qualche maschera, qualche difesa, oppure espresso in modo diretto, il vissuto di chi scrive è sempre al centro delle storie che narra.
Sì, forse è così come dici. Se la scrittura è sempre un riflesso del nostro vissuto, non c'è nascondimento possibile e, quando scriviamo, siamo nudi, ci offriamo indifesi agli occhi degli altri. Allora l'uso della terza persona si rivela come l'unico, forse inutile, tentativo di opporre una certa resistenza. In verità io non so scrivere in prima persona, quando lo faccio non sono mai soddisfatta e butto tutto in aria. Solo un racconto, che non fa parte di questa raccolta, resiste in prima persona, ma non è la donna che racconta, bensì suo figlio. Vorrà dire qualcosa?
Le tue protagoniste sono quasi sempre donne. E spesso sono donne che soffrono per mancanza di identità, di collocazione sociale. Ci sono ragioni storiche per spiegarlo. E'  per questo che hai scelto donne in condizione di "penombra", come protagoniste delle tue storie?
La condizione che caratterizza le donne protagoniste dei miei racconti è la solitudine. Molte donne l’hanno sperimentata, nel passato, e forse la sperimentano ancor oggi, sebbene non in una forma così assoluta e brutale. Sono convinta che le donne, atavicamente, si facciano carico delle cose del mondo, che vivano intensamente pagando sulla loro pelle ogni scelta giusta o sbagliata che sia. E spesso questo le porta a essere sole o a percepirsi come sole.
Le mie donne sembrano deboli e vittime, in parte lo sono, ma non rinunciano, sanno che c’è qualcosa per cui è sacrosanto lottare.
Olga, Luisa, Clara, Giulia non si arrendono o almeno cercano di non arrendersi. Tra gli uomini solo alcuni hanno questa volontà, i più indifesi e fragili, che hanno in sé qualcosa di femminile. Ma non voglio fare un discorso di genere che è riduttivo: ecco io parlo di tutti coloro che, uomini e donne, sanno guardare oltre e sanno resistere.

 

La presentazione de LA VENDITRICE DI PICCOLE COSE, di Patrizia Bartoli
La presentazione de LA VENDITRICE DI PICCOLE COSE, di Patrizia Bartoli
 

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Le recensioni de "il Sassolino" sono a cura di Patrizia Bartoli. Per contattarla scrivere a Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo

Il blog di Patrizia Bartoli, Nuvole di parole.


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