Harar, la città misteriosa |
Scritto da Annalisa Vandelli | |||||||
lunedì 09 luglio 2007 | |||||||
Dopo dieci ore di viaggio su una corriera anni ’60, dotata di rilassanti poggiatesta in ferro, straripante di gente, oggetti di vario genere e musica in continuo amplificata all’esterno con un megafono, che attira i nuovi passeggeri alle fermate; dopo aver attraversato larghe fette di savana e di campagna etiopi, sono finalmente arrivata ad Harar, una sorta di mistero fortificato che si innalza dal nulla.![]() Un palazzo di Harar Harar, la terza delle Città Sante musulmane, meta di pellegrinaggio, compie mille anni. Il primo bianco a violarne di nascosto il segreto fu Richard Burton alla fine dell’800. Entrò da una delle porte fingendosi arabo. Poco distante, ogni sera, le iene venivano e vengono nutrite dagli abitanti, in segno di rispetto e adorazione per un animale che passeggia indisturbato di notte lungo le strade della città. Entrare ad Harar è come fare un buco nel tempo e nello spazio: i vicoli strettissimi, fino a quello della riconciliazione, dove non passa più di un uomo alla volta; le case in tinte pastello con architetture che riprendono certi paesaggi greci, tanto da sorprendersi in cerca del mare; i ricordi di antichi fasti e la trionfale memoria di Rimbaud, che qui visse cercando di commerciare e rimediare alla sue alterne fortune. Si elevano i minareti di ottanta moschee, che convivono con la chiesa cattolica e quella ortodossa, sempre abbracciate dentro le medesime mura. Nella casa che ha accolto la luna di miele di Selassiè e signora oggi vive un medico tradizionale, che con radici, erbe e canti sostiene di guarire anche il cancro. Mi mostra un librone con le foto e le dediche di tutti i suoi clienti soddisfatti. I malati sono accasciati a terra, lungo le pareti, nel grande salone in cui mesce la soluzione di tutti i mali. Alcuni sono coperti fin sulla testa, altri osservano la mia curiosità nell’incontrare il loro dottore. La piazza del mercato si raggiunge guardando il cielo: è indicata dal volo circolare degli avvoltoi. Le donne sedute a terra vendono spezie, incensi, frutta, verdura, coltelli, oggetti per cuocere con le braci i cibi. Un pezzo di carne appesa a un gancio è osservata dalla testa di un cammello appoggiata gentilmente a terra. Forse gli apparteneva e un nugolo di mosche pare voglia farsi gambe per riunire quella dolorosa separazione. Harar è un luogo magico, uno dei tanti che riserva questo paese straordinario.
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