Dirty Trip: Air live @ Estragon
Scritto da Enrico Vannucci   
giovedì 04 febbraio 2010
Air (foto di Luciana Val e Federico Musso)Estragon, Bologna - 22/01/2010 - Dirty trip non è solo il titolo di un loro brano. Dirty trip è, soprattutto, il tipo di esperienza provata dal pubblico a ogni concerto di Air. Il duo francesce, composto da Nicolas Godin e Jean-Benoit Dunckel, è tornato in Italia per presentare il suo ultimo lavoro, Love 2, con un’esibizione che ha fatto registrare il sold out all’Estragon di Bologna il 22 Gennaio.
In poco più di un’ora e mezza Dunckel – alle tastiere e ai sintetizzatori – e Godin – all’occorrenza al basso, alla chitarra o alle percussioni elettroniche – con l’aiuto di un batterista, hanno condotto il pubblico che gremiva il locale felsineo lungo il loro personalissimo viaggio musicale. Un percorso che si dipana tra melodie ipnotiche che, a differenza di molte composizioni elettroniche, non suonano mai gratuite o ripetitive. In effetti, tentare di definire le composizioni del duo potrebbe essere un’opera che risulta lecito chiamare ardua. Una definizione tende sempre, purtroppo, a delimitare un campo spogliandolo delle sfumature che, il più delle volte, sono ciò che caratterizzano maggiormente l’oggetto in esame. Il territorio musicale spaziato da una quindicina d’anni da Air è talmente fasto che tentare di fornire una spiegazione accademica risulterebbe, se non sbagliato, quantomeno fuorviante. Nella loro musica si trovano così tante influenze – ispirate per lo più da ambiti esterni al campo dall’elettronica – tali da superare definitivamente il genere principale, così da dirigerlo verso “altro”. Forse proprio il titolo del loro primo LP, ormai datato 1998, potrebbe costituire la miglior perifrasi con la quale descrivere il loro sound: Moon Safari. Il safari è un viaggio – o, appunto, un trip – non comune, che ha la peculiarità di spingersi in luoghi esotici e, spesso, inesplorati con la specifica intenzione di dare la caccia – o fotografare – specie animali che la nostra sensibilità e il senso comune ci fanno considerare come speciali oppure “aliene” da noi. Questo viaggio, caratteristica peculiare di tutte le loro produzioni in studio, è ancora più ricercato nelle esibizioni dal vivo dove un folto tessuto di suoni viene riprodotto da un numero estremamente contenuto di musicisti. Il live non compromettere affatto il sound originale ma, all’opposto, lo elabora in sonorità ancora più stupefacenti e ipnotiche che rapiscono la mente di chi ascolta, in religioso silenzio, i ritmici giri di note prodotti dagli strumenti di Dunckel e Godin.

Una performance di Air è un’esperienza alquanto estraniante, non solo per la musica che detiene, in modo del tutto innato, tale potere, ma anche per il pubblico che – distanziandosi dal comune stereotipo –ascolta l’esibizione nel quasi più assoluto silenzio, senza muoversi, se non sul posto, evitando qualsiasi contatto ricercato con il vicino e applaudendo solo alla conclusione di ogni brano. Più che in un locale indie parrebbe di trovarsi all’opera o a teatro. Il crearsi di questa “strana” situazione è agevolato anche dal comportamento che i due mantengono sul palco: un atteggiamento molto distanziato, che qualcuno potrebbe definire “freddo”, privo di una qualsiasi interazione con il pubblico che non sia unicamente un ringraziamento per gli applausi ricevuti e poco altro. Una condotta che, però, definire snob risulterebbe un errore. Dunckel e Godin vogliono che l’attenzione dell’audience non ricada su di loro bensì sulla musica che producono. Tutta la performance è ideata seguendo questo filo conduttore. La musica è il viatico verso questa ipnosi collettiva che lo spettacolo produce: sia l’atteggiamento sul palco, sia l’abbigliamento ricercato – Dunckel in completo bianco, Godin in pantaloni neri e camicia bianca e il batterista del tutto vestito di nero – sia le videoproiezioni sullo sfondo – alcune delle quali richiamano senza dubbio gli effetti ottici del finale di 2001: Odissea nello spazio – realizzano questo lungo dirty trip che rapisce e, una volta conclusosi, lascia lo spettatore senza fiato seppur con un grande senso di appagamento.
Il concerto, seconda data italiana del tour di promozione dell’ultimo album, si è aperto con Do the joy, prima traccia estratta da Love 2. Hanno trovato spazio anche So light is her footfall e Be a bee, due tra i pezzi migliori del cd datato 2009. Ovviamente non sono potuti mancare brani pescati da quasi tutti – con l’unica eccezione del penultimo Pocket Symphony – gli LP precedenti: una simpatica versione di Alpha beta gaga dall’album Talkie Walkie, How does it makes you feel? da 10000Hz Legend, la struggente High school lover, versione strumentale di Playground love, dalla colonna sonora, interamente composta dal duo francese, del film Il giardino delle vergini suicide di Sofia Coppola, J'Ai Dormi Sous L'Eau da Premiers Symptomes e infine, ovviamente, molte canzoni da Moon Safari, tra le quali Kelly watch the stars, con la quale si è chiusa la prima parte, e, durante l’encore, la hit Sexy boy e la psichedelica La femme d’argent che, come tradizione, porta a conclusione ogni esibizione della band di Versailles.

Air, al solito, sono stati capaci di produrre un’esperienza sensoriale vicinissima alla perfezione, non solo per la loro capacità strumentale al limite della più assoluta pulizia sonora e dell’armonia perfetta ma anche per l’atmosfera che sono riusciti a creare: quel feeling invisibile tra loro e il pubblico che, scemando fuori dall’Estragon, pareva alquanto soddisfatto dalle emozioni che Dunckel e Godin hanno loro trasmesso.



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