 I Les Fauves, gruppo sassolese... postmoderno? C’è un posto a Sassuolo, dove si producono autentici capolavori. Un’autorimessa sotto al Somada, una specie di bunker protetto da un imponente cancello. Ed è qui che mi incontro con i Les Fauves. Mi ritrovo con i quattro componenti del gruppo: Case, batterista, Sissi, bassista ed unica donna della band, Puxx, tastierista, e Pap, chitarrista e cantante. Nel comunicato stampa della Urtovox (la casa discografica, ndr) si scomodano personaggi del calibro di Astor Piazzolla, Frank Zappa ed Henry Belafonte, nonché Puccini, Modugno ed infine, quelli che più si avvicinano, i Talking Heads. Insomma che cos’è che fate? Case: Tropic Punk. Sissi: Io mi trovo in realtà in difficoltà a descrivere il genere che facciamo, una sorta di strano alternative, con un po’ di tutte queste tendenze. Ascoltando il vostro album, che è sicuramente più ostico dei precedenti, mi sono chiesto se la casa discografica con cui lavorate vi ha posto dei limiti o magari vi ha consigliato di produrre qualcosa di più “commerciale”, orecchiabile. Case: Ci ha lasciato assolutamente liberi. Come per i giornalisti che hanno recensito ed ascoltato il nostro lavoro, la casa discografica ha gradito maggiormente quest’ultimo dei precedenti. Gli altri album venivano visti come formalizzazione del concetto canzone all’interno di un genere predefinito. L’esplosione policromatica di questo album, ha colpito favorevolmente tutti. Per noi, in più, è stata una vera e propria liberazione da qualsiasi tipo di canone.
Ascolta "Drops Drops Drops" dall'ultimo album dei Les Fauves
Avete registrato da soli l’album (masterizzato poi in quel di Bristol, in UK), ed è un grosso cambiamento. Come vi siete trovati? Case: Fai conto che per i due precedenti dischi avevamo un vero e proprio produttore, che non era la Urtovox, ma Giacomo Fiorenza. La sua produzione artistica ed economica ha, ovviamente, influenzato la realizzazione dei dischi. Inoltre, ritenendolo noi estremamente competente, ci siamo lasciati trasportare da i suoi consigli e dalle sue idee. Qui invece ci siamo lasciati andare, e con la produzione di Paolo, il risultato è stato ottimale. Pensiamo di non farci più produrre, artisticamente, da nessuno. Cambiando discorso, come nasce l’idea di proporre, come esordio, una trilogia (sulle luci e le ombre del comportamento alieno), cioè tre concept album, legati ad unico elemento? Pap: Io insisto nel dire che non è stata una scelta, è un qualcosa che ti trovi a fare, e poi continui perché ti ci rimani in mezzo. Case: Ti avverto però che questa trilogia rimarrà dichiaratamente incompiuta. Parlate un po’ dei vostri video, sia quello di Fava go go dancer che How our dildo change your life. Pap: In realtà dei nostri video non siamo mai stati troppo soddisfatti. Se per How our dildo change your life comunque la funzione promozionale è stata essenziale, il maggiore dispiacere arriva dal mancato passaggio su mtv di Fava go go dancer, che meritava maggior fortuna.
 Fatemi fare bella figura: datemi un anticipazione sui video del nuovo album. Case: Stiamo realizzando un paio di video: il primo, disegnato da Papp, collegato fortemente al concetto di modernità liquida, che molto probabilmente sarà collegato a Berolina Party Suite (canzone dell’album, ndr). Una forma d’arte svincolata dal classico video clip. L’altro invece sarà una vera e propria promozione, con il singolo Drops Drops Drops. Ultima domanda. Avete partecipato alla colonna sonora del film Non pensarci, del vignolese Gianni Zanasi, interpretato da Mastandrea. Come vi siete trovati ? Case: Praticamente lo sceneggiatore del film ci ha mandato una mail dopo avere sentito il nostro cd precedente, e ci ha chiesto di mettere February Lullaby come colonna sonora nel film. La canzone è stata inserita tre volte. Tra l’altro come evento collegato alla presentazione del film al festival di Venezia, hanno organizzato un party sulla spiaggia. Abbiamo suonato insieme ad alcune band che hanno fatto parte della colonna sonora. Ed alla fine c’è stata pura una jam session con gli attori, con Mastandrea che suonava la batteria. Follia pura. Dopo l’intervista esco nuovamente dal bunker sotto il Somada, con la sensazione di avere intervistato quattro rockstar dal brillante futuro. La recensione dell'ultimo lavoro dei sassolesi Les Fauves
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