WORKING ON A DREAM, di Bruce Springsteen
Scritto da Rossella Pivanti   
martedì 17 febbraio 2009
WORKING ON A DREAM, di Bruce Springsteen

Working on a dream,
di Bruce Springsteen


(Sony Music, 2009)

"… I was standing by the river where the cold black water run
I had my good eye to the dark and my blind eye to the sun… ”
 

Il vecchio saggio recita: “Never judge a book by its cover” (non giudicare mai un libro dalla sua copertina) e io cercherò di non farlo, anche se ho l’impressione di non sbagliarmi di molto.
La delusione di Magic è ancora fresca e anche lì la copertina mi aveva dato un sentore negativo.
Purtroppo, se Photoshop lavora benissimo per cancellare le rughe dalla faccia del Boss, il mio lettore cd non è altrettanto bravo a trasformare un brutto cd in qualcosa di migliore.
E vi sto parlando col cuore, il cuore di chi ha passato 13 anni in compagnia delle sue canzoni, di chi si è messo in fila col sacco a pelo alle 4 del mattino per avere un biglietto per essere un po’ più vicini a quel pezzo di New Jersey. Il cuore di chi ha sempre immensamente creduto nel Boss.
E’ un disco pop, molto pop e molto insipido. Non avete idea di quanto mi faccia male dire questo. Mi sono anche sforzata di cercare qualche buona recensione su internet ma purtroppo non c’è niente da fare. E’ davvero un disco che si poteva evitare.
Non aggiunge niente ad una carriera lunga quanto una vita, anzi se possibile ne toglie qualcosa. Non pretendo che uno non sbagli mai un colpo, ma Magic era il suo bonus e se lo è giocato. Ora invece siamo oltre.
Siamo lontani anni luce dalle ombre delle Chevrolet distrutte di Thunder Road o delle fornaci dell’Ohio (Youngstown), dal fantasma di Tom Joad e dal coraggio di Mary (The River).
Ora siamo in un supermarket a spiare l’amore della sua vita tra un cavolo e una patata (Queen of the supermarket). Romanticismo Coop? Forse.
In Good Eye, su 9 frasi totali, 4 terminano con “one” e le restanti con “sun”. Poesia minimalista? Forse.
In Surprise, Surprise, la suddetta parola “surprise” è citata solo 42 volte e se contiamo il ritornello arriviamo a 44 , in fila e col resto…(e qui torniamo alla Coop)
In Outlaw Pete, il Boss rischia grosso. L’accusa di plagio nei confronti dei Kiss (no, non sei diventato cieco, ho scritto proprio i Kiss) di I was made for lovin’ you baby lo attende dietro l’angolo. Citazione d’autore? Mmm….non credo.
Se solo si fosse soffermato un po’ di più a guardarsi intorno avrebbe visto che dietro tutta l’America di Obama ci sono ancora le Chevrolet distrutte, i messicani che attraversano il confine per finire a preparare metanfetamine, le Mary che devono fare i conti con una gravidanza che non possono gestire e il fantasma di Tom Joad che non si è ancora dato pace, tra una Bibbia e un fuoco di campo.
Ci sarebbe stato ancora molto da raccontare alla maniera del Boss che ora è impegnato a lavorare ad un sogno, così come suggerisce la title track. Un sogno che meritava di essere raccontato e suonato. Un sogno che si meritava un bel disco.



Commenti
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maurino  - Scarso   |2009-02-17 03:42:42
Bella roba! Tra l'altro Rossella ti sto ascoltando in radio proprio ora...

Sei simpa!

Concordo: il disco è stato una delusione... peccato, perché
sono uno di quelli "nati per correre".

mauro '80
Rossella  - Grassie   |2009-02-17 07:37:01


lo so grande delusione davvero...siamo arrivati al punto di aver
quasi timore a schiacciare play per non doversi rendere conto che forse anche
questo disco è un po' scarsino...
peccato..secondo me è colpa di sua
moglie...
grazie Maurino!
Lorenzo  - mah   |2009-02-17 17:23:54
se mi si dice che degli ultimi tre dischi se ne poteva fare uno solo ottimo..ci
sto.
ma l'ultimo non è la catastrofe che si dipinge qui.
dell'ultimo pezzo non
diciamo niente?
e ricordiamo che Mr. Springsteen ha fatto capolavori...pop...
Sauro Manfredini  - delusione...   |2009-09-21 10:12:18
In effetti il disco è una grande delusione, soprattutto per chi, come me, ha
amato (e ama ancora) il Boss per i suoi lavori più epici, da Nati per correre, a
Nebraska, a Nato negli U.S.A.. La poesia, la forza dirompente di quelle canzoni
è andata, sparita. D'altro canto gli anni passano per tutti, e non si può
pretendere che l'ispirazione sia sempre al massimo. Possiamo solo essere grati a
Bruce per tutto ciò che ha scritto e cantato nella sua carriera immensa.
L'ultimo disco, come sottolinea giustamente la Pivanti, poco aggiunge, anzi.
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