C’è qualcosa che non quadra nella morte per infarto
di Luciano Galimberti e che l’amico Carlo Lonati, medico, nota fin da subito.
La cornice del lago di Como che si approssima alla stagione invernale lancia
messaggi, la moglie del professionista appare algida e misteriosa, l’odore di
fritto sul corpo dell’amico non combacia con la versione dei fatti che
rilasciano i familiari. Insieme a tutto questo, il vento, forte e costante, lancia
nelle orecchie del Lonati indizi e le spiegazioni mediche e certificate per la
morte dell’amico non lo soddisfano. Manca qualcosa nel quadro generico. Manca
una scatola di pillole, l’epigrafe iniziale viene cambiata in fretta e furia perché
quella che viene esposta appare come un macabro scherzo, senza peraltro avere
troppa veridicità. La scrittura di Vitali
scorre secca e limpida capitolo dopo capitolo e lascia da parte ogni
altro dettaglio che non riguarda il fitto mistero che si dipanerà via via,
togliendo ogni dubbio e avvicinando sempre più il Lonati alla verità di questo delitto.
Una presenza misteriosa, tra l’altro, sembra aiutarlo indirizzando, senza mai
apparire e rimanendo muta al telefono, il medico-investigatore verso la
soluzione del delitto, che troverà conferma, grazie anche all’aiuto della
figlia del defunto, dopo numerosi depistaggi e porterà a conferme non lontane
dalla quotidianità del luogo, Bellano per la precisione. La moglie del Lonati, Elsa,
avrà il suo bel da fare per capire cosa passa nella testa del marito per
poterlo aiutare, un’auto provvidenziale farà la sua comparsa al momento
opportuno e la settimana post mortem del Galimberti sconvolgerà la placida
tranquillità di tutte queste vite nel paese di provincia, che tiene il lettore
sospeso fino all’epilogo finale.