LE BOTTEGHE COLOR CANNELLA, di Bruno Schulz
Scritto da Ettore Malacarne   
domenica 14 dicembre 2008
 Le botteghe color cannella, di Bruno Schulz

Le botteghe color cannella - Tutti i racconti, i saggi e i disegni, di Bruno Schulz

(Einaudi, 2008)

530 pagine, € 19,00 

Da poche settimane Einaudi ha ristampato e distribuito la raccolta di racconti Le botteghe color cannella, di Bruno Schulz. L'edizione, mantenendo il titolo dell'opera più nota dell'autore, raccoglie in  realtà tutti i suoi scritti, compresi i saggi ed alcuni disegni del Libro idolatrico, fornendo così l'occasione di leggere l'opera completa di questo geniale scrittore polacco.
Personalmente sono molto legato a Le botteghe color cannella e lo consiglio senza incertezze. A farmelo conoscere, ormai molti anni fa, furono le parole ammirate di Kantor, di Gombrowicz, di  Hrabal ed altri degnissimi signori; quando uno, quasi scusandosi, diceva di considerarlo  superiore a Kafka, un altro ne confessava il legame figliale e un altro ancora ne parlava come il più grande autore del novecento. Il testo però allora era fuori commercio ed introvabile nelle biblioteche della zona in cui vivevo, così il mio desiderio d'incontro rimase frustrato fino al giorno in cui riuscii a comperarne una vecchissima edizione, con le pagine ingiallite e biscottate.
Ricordo che la sensazione provata durante la prima lettura fu quella di entrare in una densa atmosfera di passioni e mistero, dove tutte le cose emanavano una luce propria, cruda e perturbante. Dove l'intera creazione si animava e si mescolava all'umanità, in una promiscuità quasi orgiastica e pagana.
Spesso è stato definito un libro di ricordi che tratta dell'infanzia con quello sguardo pieno di meraviglia, mistero e timore, che solo un bambino può avere ma credo che sia un'affermazione riduttiva. Così come lo è quella di coloro che vi hanno visto la descrizione di  un mondo deformato e grottesco. Io credo che si tratti di un libro  iperrealista e profetico. Il capolavoro di un essere indefinibile che sosteneva  di sentirsi più simile ad un cane che ad un uomo e  non parlava in senso metaforico perché si riferiva proprio ad un cane, che  tiene la coda tra le gambe e guarda il mondo timoroso, restando sottomesso a quattro zampe.


Commenti
Nuovo Cerca
Commenta
Nome:
Email:
 
Website:
Titolo:
UBBCode:
[b] [i] [u] [url] [quote] [code] [img] 
 
 
:angry::0:confused::cheer:B):evil::silly::dry::lol::kiss::D:pinch:
:(:shock::X:side::):P:unsure::woohoo::huh::whistle:;):s
:!::?::idea::arrow:
 
Please input the anti-spam code that you can read in the image.

3.22 Copyright (C) 2007 Alain Georgette / Copyright (C) 2006 Frantisek Hliva. All rights reserved."