Magdi Allam, un italiano "vero"
Scritto da Laura Corallo   
martedì 31 ottobre 2006

Intervista a Magdi Allam, editorialista e vice direttore de “Il Corriere della Sera”, in occasione della presentazione del suo ultimo libro “IO AMO L’ITALIA. Ma gli italiani la amano?”.
Il giornalista ci ha parlato di integrazione: “Se non si esige dagli immigrati il rispetto delle leggi, l’adesione delle regole e la partecipazione ad un processo di costruzione comune, inevitabilmente gli immigrati faranno ciò che a loro sembra il proprio interesse”

I problemi dell’integrazione. Ma anche la guerra tra Libano e Israele, la paura di nuovi attentati in Europa dopo i fatti dell’11 settembre, il difficile dialogo tra Islam e mondo cristiano. Da molti anni Magdi Allam, noto giornalista e vice direttore de “Il Corriere della Sera” mette a repentaglio la propria vita per scrivere di questi temi. Conduce un’esistenza sotto scorta, dopo le minacce subite. Ma questa vita in “trincea” non lo spaventa, anzi per Allam scrivere rappresenta un impegno sociale. E così dalle colonne dei suoi editoriali, se da una parte si oppone coraggiosamente contro l’ideologia dell’odio che alimenta il terrorismo islamico in tutto il mondo, dall’altra denuncia la disgregazione valoriale di cui sono preda gli italiani e lo stesso Occidente.
Signor Allam lei ha scritto un libro dal titolo per alcuni versi provocatorio. Quindi per un immigrato, amare un paese è l’unico modo per integrarsi?
Per integrarsi bisogna avere gli strumenti che favoriscono l’integrazione che sono, nell’ordine, la conoscenza della lingua, la conoscenza della cultura in senso lato (quindi anche della religione, del senso di appartenenza della società e di accoglienza) e infine l’adesione ai valori fondanti della società e ad un comune sentire l’identità collettiva. Tutto ciò deve essere parte integrante di una logica che contempli i diritti e i doveri. Ovvero a fianco di diritti che vengono acquisiti ci devono essere dei doveri che devono essere adempiuti.
Nel suo libro è citata una frase che recita: “Ogni società ha gli immigrati che si merita”. Cosa significa?
Parafrasando il detto, brutto ma veritiero, che ogni popolo ha il governante che si merita, io ho concluso che ogni popolo ha gli immigrati che si merita, nel senso che se il popolo non è in grado di diventare un modello di comportamento per gli altri inevitabilmente gli altri saranno ciò che viene consentito loro di essere. Se non si esige dagli immigrati il rispetto delle leggi, l’adesione delle regole e la partecipazione ad un processo di costruzione comune, inevitabilmente gli immigrati faranno ciò che a loro sembra il proprio interesse.

Spesso si interpreta l’Islam e i musulmani alla luce di falsi stereotipi e luoghi comuni. L’assenza di un rapporto reale con loro ma anche la non conoscenza del loro percorso storico - culturale impedisce la comprensione del presente. Che ruolo può avere la scuola per favorire l’integrazione tra la nostra cultura e la loro?
La scuola è fondamentale, è il veicolo principale dell’integrazione quindi di una conoscenza che però non deve fondarsi sul relativismo culturale, cioè sul mettere sullo stesso piano tutto e a prescindere dalla sostanza dei contenuti. La scuola deve favorire un’integrazione che parta dalle certezze della popolazione autoctona, cioè dai valori e da una identità collettiva della società di accoglienza (in questo caso gli italiani) e al tempo stesso recepire quelle istanze culturali e valoriali che possono essere integrabili e accettabili perché rappresentano un fattore di arricchimento senza svilire in alcun modo le certezze degli italiani.
Tutti ricordano la vicenda del video-choc di via Adda e le migliaia di firme raccolte dai cittadini sassolesi a favore dei due carabinieri accusati del presunto pestaggio ad un extracomunitario. Lei si aspettava questa rivolta? È la risposta dell’Italia che lei ama?
Noi dobbiamo valutare i fatti per quello che sono. In Italia esistono dei ghetti etnici, confessionali identitari che rappresentano un problema per le popolazioni locali e per l’insieme della collettività. Ci sono problemi legati alla delinquenza, problemi legati ad altri fenomeni eversivi, ci sono problemi legati ad un venir meno di regole di un comune sentire che era radicato in Italia. La reazione va valutata in questo contesto e la gente vuole che venga affermato un contesto di regole, di leggi e di valori condivisi. In quest’ambito si è ritenuto che l’azione delle forze dell’ordine, e dei carabinieri fosse pienamente legittima e necessaria per favorire questo traguardo.



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