Nek: "Sassuolo sempre nel cuore. Ma fuori la politica dalla musica"
Scritto da Doriano Rabotti   
giovedì 09 giugno 2005

Intervista al sassolese Filippo Neviani, in arte Nek.

Il nuovo disco Una parte di me già in prenotazione era disco d'oro...

Nek, ovvero il sassolese Filippo Neviani
Nek, da Sassuolo al successo mondiale (foto da nekweb.com)

  

E’ un momento felice per Filippo Neviani in arte Nek: il singolo Lascia che io sia è entrato direttamente al secondo posto nella classifica dei più venduti, l’album Una parte di me aveva già sbancato prima ancora di arrivare nei negozi di tutto il pianeta.
Insomma, dopo due anni di travaglio creativo, la rockstar sassolese è pronta per ripartire, e da ottobre lo farà anche con una tournée mondiale dal vivo.
Anche se il suo cuore è sempre a casa.
Nek, lei non ha mai lasciato Sassuolo. Perché?
Perché tutto sommato riesco a continuare a fare la mia vita. Ogni tanto qualche eccesso di
paese ci scappa, ma qui sto bene, e mi lasciano vivere.
Che cosa pensa della sua città?
Per me Sassuolo è ancora la mia tana, in generale ci sto molto bene. A volte mi dispiace un po’ per l’invidia che prova qualcuno, o per certi giudizi dati in modo affrettato e legati al mio passato.
Per esempio?
Una volta mi hanno detto che non faccio più la ‘vasca’ in via Menotti perché adesso sono distante. In realtà il problema problema è diverso: non ho il tempo, e poi onestamente non mi è più possibile. L’anno scorso volevo fare un giro in centro, dopo cinque metri già non potevo muovermi. Se voglio andare in piazza piccola, devo farlo solo nei giorni feriali, magari in orari tranquilli.
Mica le dispiacerà...
No, anzi.Mi va benissimo, fa parte del successo e quindi dico: per fortuna che è così. Però se non mi faccio vedere in giro non è perché non mi va. Un po’ sono un appartato per natura, un po’ è diventato impossibile camminare per strada, come se niente fosse.
Quanto c’è di sassolese nel nuovo disco? Intendiamo: ispirazioni, personaggi, idee nate qui.
In questo senso, erano più ‘locali’ gli album del passato. Ma c’è una canzone, L’inquietudine, che è nata alla fine dell’estate scorsa quando ero nel mio rifugio a Montegibbio, ed ero uscito mentre fuori arrivavano le prime nebbie. Ma l’ispirazione locale adesso è qualcosa di più nascosto, ci sono pezzettini di tutto e di tutti, ma sono nelle mie radici.
A proposito di radici: nel primo numero del ‘Sassolino’ abbiamo parlato dell’idea di un centro musica a Sassuolo. Sappiamo che in passato ci aveva pensato anche lei...
Avevamo un progetto vero e proprio, nato dalla mia voglia di realizzare qualcosa per una città che mi ha cresciuto e alla quale sento di dovere tanto.
Secondo lei è vero che a Sassuolo ci sono più talenti musicali che altrove?
Penso proprio di sì.
E come se lo spiega? E’ solo una questione di ricchezza diffusa?
Non credo. Adesso non conosco completamente la situazione delle band di base, ma una Giulia Bellei, per esempio, meriterebbe di arrivare a un mercato almeno nazionale, e fino all’altro ieri faceva piano bar.
C’è un Nek produttore all’orizzonte?
Diciamo che nel caso di Giulia mi piacerebbe almeno affidarla a persone in gamba. Quando me l’hanno fatta ascoltare, ho pensato: questa voce non deve passare inosservata. Vorrei permetterle di partire, ho anche scritto qualcosa per lei.
Torniamo al discorso del centro musica: perché non se ne è fatto niente?
Perché si è messa di mezzo la politica, che con la musica non dovrebbe avere niente a che fare. E’ giusto che il Comune c’entri, in un’iniziativa del genere, però alla fine sembra che il problema principale sia quello di stabilire chi ci ha pensato prima. E allora mi sono stufato.
Lei che cosa aveva in mente?
L’assessore Cavani mi aveva anche fatto vedere l’ex macello comunale, e mi era sembrato perfetto per una struttura che fosse legata solo alla musica. La mia idea era quella di mettere le mie conoscenze al servizio del mio paese, che può produrre talenti. Avevo dato la garanzia di occuparmene in prima persona, di portare qualche discografico. Si potevano fare varie sale prove da affittare, un bar, un punto tecnico dove ogni musicista potesse trovare un paio di bacchette da batteria o una corda, se gli si fossero rotte durante le prove. Una piccola isola indipendente che desse la possibilità ai gruppi di migliorare la tecnica, di incontrare qualche big in giornate di seminario, di arrivare a fare un demo con tecnici del suono esperti. Il tutto non a scopo di lucro, sia chiaro. Ma poi si è messa in mezzo la politica...

 

La copertina del nuovo disco di Nek
Nek - Lascia che io sia (WB, 2005)
 

 

 

 

 

IL NUOVO DISCO

Si intitola Una parte di me il nuovo disco di Nek, uscito lo scorso 13 maggio in Italia e ad inizio giugno nella sua versione in spagnolo nel resto del mondo. Prodotto da Alfredo Cerruti e Dado Parisini, che ha curato l’arrangiamento di otto dei dieci pezzi (gli altri due sono del carpigiano Massimo Varini, storico compagno di viaggio), l’album segna a nostro parere una svolta artistica nella carriera del cantante sassolese.
Perché raramente gli arrangiamenti sono stati così curati e raffinati, in passato, e perché anche sul piano della struttura musicale dei singoli brani questo è un prodotto più maturo.
Certo, ci sono canzoni relativamente facili come Contromano e Lascia che io sia, ma sono una minoranza. Ci sono ballate vigorose in cui esce l’anima rock, come Notte bastarda e Va bene così, o come Io sono qui in cui Filippo suona il basso. Ma siamo abbastanza sicuri che, alla distanza, le canzoni che prenderanno di più siano altre, come Non vale un addio o L’inquietudine, o ancora come Darei più di tutto quel che ho, nelle quali emerge un Nek più riflessivo e raffinato.
Provare per credere.



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