LA DONNA DELLA MIA VITA, di Luca Lucini |
Scritto da Chiara Fiorentini | |||
sabato 27 novembre 2010 | |||
Sceneggiatura di: Giulia Calenda, Teresa Ciabatti SINOSSI: Due fratelli di padre diverso
innamorati della stessa donna. Molto diversi tra loro, uno più sicuro di
sé, più mascalzone, sempre pronto a tradire la moglie, e l’altro più
fragile (arriva a suicidarsi per amore) sensibile al pianto delle donne.
Ma soprattutto una madre opprimente, invadente e onnipresente.
Luca Lucini è arrivato al suo sesto lungometraggio, per chi non lo sapesse è sua la regia del film culto adolescenziale Tre metri sopra il cielo.
Il suo cinema e le sue storie si sono evolute da quel lontano 2004, ha
tracciato traiettorie diverse - più adulte - e negli ultimi anni si è
buttato sulle commedie. Durante la conferenza stampa sono stati tirate
fuori definizioni come: commedia americana, commedia all’italiana,
commedia di situazione e pochade. Un po’ troppe parole e un po’
vuote se non contestualizzate. Per iniziare cancellerei commedia
all’italiana, perché questo film non ha nulla a che vedere con il
genere. Il film può ricordare vagamente qualche commedia americana
contemporanea, ma direi che più vicine alla realtà sono le ultime due
definizioni date. Questo perché è molto forte l’impianto teatrale di
questo film. La pellicola è infatti quasi totalmente ambientata in
interni. Gli stessi attori hanno affermato di aver lavorato come se si
trovassero a teatro in quanto hanno girato tutte assieme le scene nella
casa di famiglia, seguendo la narrazione e non saltando avanti e
indietro tra le pagine della sceneggiatura. Pochade quindi è la parola
più vicina a questa pellicola: vicende e intrighi amorosi conditi con
qualche colpo di scena. Il problema del film è che per quanto ci vorrebbero
essere delle sorprese e per quanto tenti di fondarsi (come sempre nelle
commedie) sul non detto e sulla piccola bugia, il gioco non regge e è
tutto troppo facile da intuire ben prima che il tranello venga alla
luce. Le situazioni che si innescano nel corso di novanta minuti possono
pure far sorridere di tanto in tanto ma non riescono a coinvolgere, a
causa pure di interpretazioni non propriamente convincenti. La Sandrelli
come madre e narratore è eccessiva, con un tono della voce che si
avvicina alla cantilena, Argentero e Gassman fanno il loro lavoro ma non
entusiasmano, Valentina Lodovini appare schiacciata tra i due, piange
molto ma non riesce a tenere un tono di voce stabile durante il film
(cade nei momenti di quotidianità, quando non è arrabbiata o isterica).
Molto più interessanti sono i personaggi di contorno. La relazione
extraconiugale tra il secondo marito della Sandrelli e l’amministratrice
della sua azienda è veramente carina. Non ci si allontana comunque dal
macchiettistico ma trovandoci ai margini della trama e quindi non avendo
molto tempo da dedicare a questa vicenda, il tutto riesce a essere
delicato e divertente.
Delicato è un aggettivo che è stato tirato più
volte fuori durante la conferenza stampa. Una commedia delicata,
garbata, non volgare. Sicuramente questo elemento è innegabile, tuttavia
direi che nel suo essere delicato e gentile con tutti i personaggi non
prende nessun tipo di posizione. Come ha dichiarato Lucini, non era sua
intenzione dare un giudizio su questi personaggi alto borghesi e sulle
loro vite. Per quanto sia apprezzabile da un certo punto di vista la
cosa, ci sono elementi nella pellicola che richiederebbero una presa di
posizione, uno sguardo forte e non neutro nella vicenda. Gassman
tradisce la moglie più volte: come la pensi caro regista? Va bene o no?
La Sandrelli controlla le vite dei figli in modo opprimente, impedisce
al marito di parlare, il quale – per riuscire a riprendere un po’ di
potere – la tradisce con una donna più debole e indifesa: qual è la tua
opinione su tutto questo? Non è un po’ troppo facile dire “non voglio
giudicare, non voglio prendere una posizione”. Personalmente non ritengo
poi nemmeno troppo che questo sia vero, anzi il film racconta le
vicende in un modo preciso: e la voce narrante per quanto sia femminile
appare, a mio avviso, comandata da uno sguardo maschile. Questo appare
chiaramente in un gioco di sguardi all’interno della palestra, quando
lei e lui (Argentero) si guardano: lei è in basso e lui diversi metri
sopra di lei. Insomma, non voglio fare la femminista (non lo sono), ma è
evidente che una posizione Lucini la prende, anche se vuol fare finta
che non sia così.
|