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A CHRISTMAS CAROL, di Robert Zemeckis Stampa E-mail
Scritto da Chiara Fiorentini   
sabato 19 dicembre 2009
 A CHRISTMAS CAROL di Robert ZemeckisA Christmas carol, di Robert Zemeckis

USA 2009

Con Jim Carrey, Gary Oldman, Colin Firth, Robin Wright Penn

 

Voto:

5,5

Sceneggiatura di Robert Zemeckis

SINOSSI: Ovviamente, e banalmente, è la ben nota storia di Scrooge scritta da Charles Dickens nel 1843. Avaro e cattivo fino all’ultimo frammento del suo animo Ebenezer Scrooge odia tutti e tutto, compreso il Natale. Ma nella notte della vigilia riceve la visita di tre spiriti: quello del Natale passato, quello del presente e ovviamente quello del futuro. Fungeranno da monito e avvertimento per farlo diventare una persona migliore e meglio disposta verso il mondo. Pronta a vivere, perché ce ne sarà molto di tempo per essere morti. Il film è realizzato in una fusione tra la moderna tecnica del Performance Capture, che Zemeckis aveva già sperimentato nel 2004 con Polar Express, e la rediviva, dopo cinquant’anni, tecnologia 3D.

Ci aveva già provato nel 2004 a girare un film interamente d’animazione Robert Zemeckis, e non gli era riuscito molto bene. Purtroppo per lui le cose non sembrano migliorare nemmeno con questa sua ultima fatica.
La storia del film era collaudata, probabilmente uno dei racconti che è stato più riadattato nella storia. Lo hanno fatto al cinema, a teatro, alla radio e nelle recite scolastiche. Pure Radio Deejay ne girò una propria personale versione anni addietro, con Linus nella parte di Scrooge. Tutto questo è una chiara dimostrazione che in qualunque modo lo si voglia proporre il racconto di Dickens funziona, nonostante gli anni e l’usura. Però il film non convince. Perché mai quindi?
Evidentemente, quando la storia è tanto famosa e collaudata, a risultare interessante non è più tanto cosa si racconta ma come lo si fa. Proprio in questo come sta il nodo cruciale del problema.  Ci sono dei film che vogliono essere spettacolari senza cercare una profondità del narrato. Ci sono film a cui non serve necessariamente una storia forte o innovativa per funzionare. Ci sono film che nonostante siano vuoti come una pallina da ping pong risultano convincenti. Ma non è il caso di questa pellicola.
Zemeckis ha voluto infatti puntare sulla tecnologia sperimentando nuove forme e intrecci, ma ha voluto esagerare. Già di per sé la Performance Capture – tecnica che permette di sviluppare l’animazione a partire dai movimenti del corpo e del volto di attori veri, su cui vengono applicati dei sensori e su cui verranno poi sviluppati i disegni digitali – non è una tecnica pienamente convincente e ancora non ha prodotto dei risultati totalmente riusciti. Ma forzarla ulteriormente applicandovi il 3D è stato forse l’errore più grave. L’immagine è slegata al suo interno. Gli elementi non si fondono tra loro e il tutto risulta falso e cartonato. Si potrà obiettare osservando che: l’animazione è falsa in quanto animazione e cartonata in quanto cartone animato. Ma i personaggi e lo sfondo in questo film non riescono a fondersi e a amalgamarsi l’uno nell’altro. Stupefacenti i colori pastello degli sfondi quanto plastici i movimenti e i toni dei personaggi. Lo scarto tra i vari piani dell’immagine si fa vedere ed è incredibilmente fastidioso.
 
Altra cosa fastidiosa sono tutte quelle sequenze, ma anche le singole inquadrature, realizzate esclusivamente per far vedere il 3D. Per dare un senso ai tre euro di biglietto spesi in più per entrare in sala. Terribile tutta la sequenza che riguarda lo spirito del futuro e l’inseguimento che si sviluppa a seguito di quest’incontro. Eccessivo è la parola più adeguata per descrivere questo film. Eccessivamente patinato, eccessivamente studiato, eccessivamente orchestrato. Possiamo pure usare una “nuova” tecnologia, ma non se si arriva a costruire attorno a questa l’immagine. Non deve essere il cinema  a piegarsi alla tecnica, ma la tecnica a mettersi al servizio del cinema agevolandone - e perché no spettacolarizzandone - il cammino. In fondo il cinema è storicamente nato come macchina di spettacolo, è sempre stato lo schermo dei sogni, il luogo in cui ci si abbandona a mondi altri e storie altre. Però non è accettabile che dopo cento anni (abbondanti) si torni a un predominio del trucco su tutto il resto. O perlomeno, se lo si vuol fare, si dovrebbe pure fare in modo che il gioco funzioni e che la fantasmagoria riesca appieno, in modo da farci dimenticare tutto il resto, storia e significati compresi.
 
Se il futuro del cinema stesse veramente nel 3D come James Cameron (regista di Titanic e del nuovo, tra poco nelle sale, Avatar) ha predetto, ci sarebbero da piangere lacrime amare. Il 3D cinquant’anni fa non ha funzionato e non esiste ragione per cui debba iniziare a farlo ora. Il cinema ha bisogno di storie e non di tecnica, di quella ce n’è già troppa e troppe volte mal’utilizzata. Serve altro, servono idee fresche,  oppure anche  vecchie idee, raccontate però in modo nuovo e non con nuovi modi.




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