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Cultura sovrana e Cultura dei sovrani Stampa E-mail
Scritto da Giuseppe Sofo   
sabato 09 febbraio 2008

L'articolo 21 della costituzione italiana, testo meraviglioso che in questi giorni compie sessant'anni, garantisce la libertà di parola, stabilendo che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. La libertà di parola ed espressione è alla base del diritto di ogni democrazia occidentale, grazie all'impegno di migliaia di uomini e donne che hanno lottato e, in molti casi, dato la loro stessa vita, per difendere questo principio. Un principio che nasce dalla necessità di denunciare le ingiustizie perpetrate dai potenti del mondo contro i deboli. Una lotta dunque contro l'imperialismo e il paternalismo esercitati con la violenza. La libertà di parola è, ancora più semplicemente, ciò che garantisce la possibilità del debole di esprimere il proprio disaccordo con il potente, senza subire violenza (fisica, mentale, o sociale). In Europa rimane una sola monarchia assoluta, nella quale il sovrano ha poteri sia temporali che spirituali e la cui sovranità si estende su miliardi di persone e non solo sui propri sudditi diretti. Un sovrano che si esprime in oltre sessanta lingue, godendo di un'attenzione maggiore rispetto ad ogni altro capo di stato su giornali, televisioni, radio e ogni altro mezzo di comunicazione di massa di tutto il mondo (oltre ad avere il controllo diretto di alcuni di essi). Non propriamente ciò che si definirebbe un debole alla ricerca di una libertà di espressione negata. Se questo sovrano ha inoltre negato le scuse pronunciate dal suo predecessore per i milioni di morti causati dalle loro guerre (o dai loro silenzi), il minimo che possa fare chi difende la scienza e la cultura, è opporsi al suo potere, come ogni debole della storia ha fatto finora. Che i sudditi debbano preoccuparsi di garantire la libertà del sovrano è imbarazzante, oltre che ridicolo. Ma la nostra è un'altra cultura, quindi siamo pronti a farlo. Siamo pronti ad accettare scuse, ma non ad accogliere chi quelle scuse, pronunciate già da altri, le ha negate. Perché non possiamo accettare che quegli uomini e donne che sono morti per la libertà continuino ad essere offesi da chi la libertà l'ha sempre negata, e non protetta.



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