Il nostro “tour” nella musica del distretto continua con Giancarlo Frigieri, che incide per la prima volta in italiano Ascolta qui il brano "L'età della ragione"
Ai fan di un certo rock alternativo, il nome e la musica di Giancarlo Frigieri (www.myspace.com/miomarito , www.miomarito.it ) suonano familiari da molto. Tanti altri, invece, l’hanno conosciuto e applaudito durante il tributo a Bertoli del settembre scorso. Siamo certi che sia gli uni che gli altri possano ora apprezzare l’esordio in italiano dell’artista sassolese. Giancarlo, chi ti segue da anni aspettava con ansia l’uscita del tuo disco in italiano. Speranze ben riposte, direi. Non devo essere io a dirlo, quindi mi limito a ringraziare. Il linguaggio è un mezzo: nella stesura dei testi, con l’italiano riesci a spingerti dove con l’inglese non osavi nemmeno? La tua lingua madre, per quanto tu possa conoscere bene una lingua straniera, ti dà la possibilità di dire esattamente quello che vuoi dire. Poi in italiano ci sono casini indicibili a livello di metrica, per rapportarmi ai quali mi sono imposto di fare davvero molto esercizio. C’è anche un “lato oscuro” in tutto questo? Nel senso che se il mezzo linguistico ti permette di scavare più a fondo, rischia di andare a toccare corde molto personali, fragili… In realtà c’è pochissimo di autobiografico nelle storie raccontate nel disco, anche se l’oggettività verista resta una chimera. Mi sorprende comunque come si tenda a pensare che se uno canti di una disgrazia tutti pensino che questa gli sia capitata, mentre per uno scrittore di libri o racconti non c’è questa aspettativa da parte di chi legge. Forse le canzoni “richiedono” un’immedesimazione più diretta. Credo onestamente che si tratti di un luogo comune. Sempre dal punto di vista della lingua italiana, cosa cambia nelle esibizioni dal vivo? Cantando in italiano il pubblico ti ascolta di più, perché capisce quello che dici. E c’è, quindi, un tuo maggior coinvolgimento? No, quello c’è sempre stato. Credo che un buon musicista, per rendere al meglio, mentre suona non debba pensare proprio a niente. Il concetto di tempo pervade il disco: penso al titolo dell’album, dei brani (uno si chiama addirittura così, Il tempo), ai testi… Il tempo è l’unità di misura della nostra vita. Mi sembra normale parlarne e cercare di comprendere non tanto i misteri legati alla sua natura, quanto le nostre reazioni ad esso. E’ un caso che il disco si apra con Promemoria e si chiuda con Alla fine? Circolarità? Il disco nella prima parte prova ad occuparsi del senso “collettivo” e nella seconda di quello “privato” della vita. Il brano iniziale, Promemoria, nega la possibilità di rapportarsi alla collettività senza prima conoscere meglio possibile il proprio percorso personale. Lo fa attraverso una storia, ma la “morale” dovrebbe essere più o meno quella. Promemoria, dove tra l’altro mi ricordi Giovanni Lindo Ferretti, è quasi spiazzante rispetto al resto dell’album, che è molto più accessibile anche ad un primo ascolto. Promemoria è stata composta direttamente in studio. Ci lavoravo da mesi senza riuscire a venirne a capo e ne esistevano versioni con testi chilometrici e musica diversissima. Poi in studio mi è venuta una idea durante un momento di riposo e l’abbiamo registrata al volo. Misteri… Da molte canzoni esce una immagine di te disillusa. Più che disilluso spero di essere ogni giorno più consapevole. Ma anche la disillusione fa parte del processo di consapevolezza, almeno credo. Concordo. Nel disco non mancano comunque sprazzi di luce e di ironia. E di donne… Come dicevo prima, la nostra dimensione pubblica per quanto concreta e coerente possa essere viene immancabilmente sommersa non appena ci succede qualcosa di spiacevole sul lato privato. Per farti un esempio, ci possiamo occupare dei terremotati in Abruzzo o dei bambini del Darfur, ma se poi nostra moglie ci dice che ha un altro di colpo sentiamo di essere noi quelli bisognosi di aiuto. E’ un disco che suona per buona parte “unplugged”. Toni da “età della ragione”? Ho passato una vita a fare più baccano possibile. Direi sia abbastanza normale ora cercare anche altre sfumature da dare alla propria musica. Il brano L’età della ragione viaggia già come singolo nelle radio locali… E’ abbastanza incredibile visto che il brano dura 7 minuti. Credo che un brano con una durata del genere non venisse messo in rotazione da una radio dai tempi di Tender dei Blur, oppure addirittura dai tempi dei Genesis e della PFM… Un cane è una pugnalata al cuore per chi ne ha o ne ha avuto uno. Lacrime. Dovresti scusarti con tutti i padroni del mondo per quella canzone, sai? Sono veramente tanti quelli che mi hanno detto di avere pianto ascoltando Un cane. Mica mi immaginavo reazioni del genere. Comunque ne sono felice, vuol dire che ci sono persone sensibili in giro e questo può essere solamente un bene.
Ascolta qui "Un cane"
Tra l’altro, in quel pezzo, trovo molto efficace il controcanto di Betty Vezzani (voce dei Modena City Ramblers, ndr) Betty ha un timbro vocale assolutamente eccezionale. L’ho fatta un po’ impazzire in studio perché la metrica di Un cane non è esattamente lineare, anzi… Ma ha tenuto duro e ha cantato da Dio. Da dove nasce l’idea del libretto? Il libretto, del quale devo ringraziare mia moglie visto che l’ha costruito lei, è fatto quasi interamente di foto della famiglia di mio padre in Somalia. E’ un modo di omaggiare le mie radici e anche di dire che un passato che oggi ci sembra lontanissimo è in realtà un battito di ciglia nell’esistenza dell’uomo.
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