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Migranti e spazio civico Stampa E-mail
Scritto da Simone Ghiaroni   
domenica 09 marzo 2008
Quando zone prima praticabili appaiono inaccessibili, quando lo spazio che si pensava proprio sembra essere invaso da altri, ci si sente schiacciati e minacciati. Così nasce il disagio di fronte alla crescente occupazione della città da parte dei migranti. E a molti sembra che questi strappino brandelli di città escludendoli dall'utilizzo di quelli che si ritengono esserne gli occupanti legittimi.
Di certo le differenze economiche hanno un peso nelle possibilità di incontro, ma ci sono anche ragioni culturali e l'incontro con altri modi di vita ci mette di fronte ai nostri. Il problema sta nel diverso modo di pensare la città e i suoi spazi. Infatti, quelli che in modo semplicistico chiamiamo “italiani” da tempo hanno assunto un modo di stare insieme sempre più chiuso all'interno di luoghi dedicati oppure in casa propria con varie forme di intrattenimento domestico. I migranti, invece, portano con loro una socialità diversa, basata sulla vita in comune e proiettata all'esterno, sulla strada, dentro la città. In parte, dunque, le porzioni di città lasciate vuote, vengono utilizzate dai migranti che producono degli spazi basati su un modo di intendere la città come luogo di incontro, di scambio o semplicemente di sosta e socializzazione.
Gli spazi pubblici sono un bene di tutti e non è ammissibile pensare che alcune zone siano di fatto precluse ad alcuni e riservate ad altri. Occorre dunque uscire e partecipare della città, senza pensare che si tratti di una riconquista, ma di una costruzione di nuovi luoghi di socialità nella situazione attuale. Occorre pensarsi di nuovo in strada, in città, nei parchi, sui muretti in un modo che, a ben vedere, non ci è per nulla estraneo. Occorre pensare una città vivibile per tutti e da vivere insieme.


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