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L’ANNO NUDO, di Boris Pil’njak Stampa E-mail
Scritto da Davide Scaringi   
lunedì 22 dicembre 2008
 L’anno nudo, di Boris Pil’njak (rist)L’anno nudo, di Boris Pil’njak (rist)

(UTET, 2008)

282 pagine, € 14,00 

La torinese UTET librerie ha da poco riproposto al pubblico italiano un libro singolare, L’anno nudo di Boris Pil’njak, pseudonimo di Boris Vogau. Un libro scritto negli anni Venti e che rappresenta in un modo tutto particolare il terribile 1919 russo, fatto di scontri tra eserciti rossi e bianchi, massacri e carestie, subito dopo la Rivoluzione d’Ottobre.

L’anno nudo viene considerato il capolavoro sulla Rivoluzione russa, e la sua mancanza di trama caratterizza tutto il romanzo, caratterizzandone anche la poca fortuna, non avendo strizzato l’occhiolino alla testimonianza vera e propria ma ricercando il suo essere in uno sviluppo tutto stilistico. La mancanza di trama diviene il leit motif del romanzo come della storia che viene raccontata, in una coralità che a volte fa perdere le proprie tracce per poi ripresentarsi prepotentemente. Una storia che salta da uno scenario all’altro, dalle mura domestiche della vecchia aristocrazia alla vita quotidiana del paesino di provincia dove la meschinità e un’aria pacatamente decadente accompagna i personaggi in tutto lo svolgimento della trama. Non mancano le finzioni e i sotterfugi per scampare ad un fallimento ormai certo e che si risolve nel modo più truce, quasi un’esecuzione. È, quello di Pil’njak, un mondo destinato a scomparire per mano della storia che non avrà pietà di un mondo fondato su basi troppo ineguali e che nel sol dell’avvenire vede la nascita di un nuovo stato russo, in cui Stalin sarà l’unico vincitore. Stalin che farà fucilare questo autore nel 1938.

Le regole di narrazione e scrittura vengono continuamente capovolte e il filo conduttore della narrazione paiono essere i versi delle canzoni delle contadine, che presagiscono ad un cambiamento imminente e nient’affatto scontato: “E tu brilla, brilla, bianca luce della luna! / E tu scaldaci, scaldaci, rosso solicello!”

La traduzione è di Pietro Zveteremich, revisionata da Ira Torresi. In appendice l’illuminante postfazione di Aleksandr Solženicyn, premio nobel per la letteratura nel 1970.

 

Boris Pil’njak (Vogau), nato nel 1884, autore “scomodo” sia per i temi trattati sia per lo stile non aderente ai dettami del realismo socialista, fu arrestato per vicende politiche nel 1937 nel pieno delle più feroci purghe staliniane e morì in un gulag siberiano nel 1938.


 



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