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Gozzi: “Sveglia! Bisogna riaggredire il mercato” Stampa E-mail
Scritto da Marcello Micheloni   
giovedì 20 novembre 2008
“E’ inutile stare aspettare aiuti da governo e finanza”. Parola di Manuela Gozzi, referente del settore ceramico per la Cgil di Modena: “E poi occorre investire sulle persone. Se persino aziende leader come la Ferrari ricorrono a contratti a tempo, vuol dire che si è persa di vista l’importanza della risorsa umana a lungo termine”

Manuela Gozzi è la segretaria generale della Filtea (tessile, abbigliamento, etc.) e Filcem (Chimica Energia e Manifatture) Cgil di Modena
Manuela Gozzi
Signora Gozzi, quanto è preoccupata per la situazione socio-economica?
Non mi posso esprimere con una percentuale… E’ fuori dubbio che la crisi finanziaria ha colpito diversi settori, compresi quelli del distretto sassolese. Però..
Però?
Sono più preoccupata dalla mancanza di volontà di aggredire il problema che vedo in giro. Le difficoltà sono indubbie, ma potrebbero essere inferiori se tutti gli attori facessero la loro parte. Se imprenditori, istituzioni, associazioni, insieme al sindacato, invece che aspettare gli aiuti di qualcuno ritrovassero una volontà passata di affrontare il mercato invece che di subirlo, credo che i segnali di preoccupazione potrebbero essere inferiori.
Deve partire un ragionamento tra tutti gli attori che possa promuovere innovazione sia di processo che di prodotto, alla ricerca di nicchie ma anche fasce di mercato nuove rispetto ad oggi. Se invece si sta ad aspettare che gli aiuti arrivino dal governo, dalla finanza o dalle banche, è evidente che stiamo parlando di soggetti non controllabili…
Tra gli attori in campo, secondo lei c’è qualcuno che ha maggiori responsabilità di altri?
Sono una sindacalista, sarebbe troppo facile dire che è delle imprese… Ma non è solo loro: istituzioni, associazioni e anche lo stesso sindacato possono fare di più.
Un esempio?
Confindustria Ceramica ha definito un codice di comportamento per poi giungere al codice etico, che afferma il “Made in Italy”. Bene. Io credo che si debba parlare di “codice etico” dall’inizio alla fine comprendendo anche la contrattazione, la filiera. A tutto campo. E’ chiaro che qui il soggetto primario non può è la singola impresa, bensì l’associazione…
Sì ai codici etici come il “Made in Italy”, quindi, ma sì anche ad un bilancio sociale. Con la partecipazione di tutti gli attori che citavo prima, o come si dice ora degli “stakeholders”: ognuno dovrebbe dichiarare l’impegno che si assume in tal senso e quali sono le risorse umane ed economiche che mette a disposizione per raggiungere quell’obiettivo; lo si dichiara a preventivo, lo si verifica a consuntivo. Si comincerebbe a trovare un filo comune di sistema, di distretto.
Ma non è tutto qui.
Dica.
Ci sono altri elementi che vanno messi in campo. Siamo in fase di rinnovo contrattuale. Ci deve essere una predisposizione nel migliorare le condizioni di vita delle persone: coniugare temi di lavoro e tempi di vita, risolvere problemi quali trasporti, asili nido, assistenza agli anziani. In questo momento in cui di risorse ce ne sono meno, occorrerebbe un intreccio tra privato e pubblico che non c’è.
Ha un esempio concreto in tal senso?
I trasporti nel distretto. In via Canaletto a Fiorano, dove ci sono Gardenia, Florim e compagnia, non passa una corriera! Almeno 3000-4000 lavoratori vanno in quell’area ogni giorno… Possibile che non ci sia un trasporto pubblico? E sono molteplici gli esempi per altre zone industriali. Ecco, potrei essere meno pessimista se per queste cose vedessi un qualche segnale da parte degli attori che citavo prima…
Ci parli dei trend occupazionali del distretto.
Sono in calo e lo dimostrano anche gli stessi osservatori di Confindustria Ceramica. E anche qui ci sono alcune valutazioni da fare…
Prego.
Non si tiene quasi mai conto degli “invisibili”, ovvero dei lavoratori con contratti a termine, dei lavoratori a somministrazione interinale, né delle società di movimentazione che forniscono quelli che più volgarmente vengono definiti “facchini”.
Quindi già c’è un calo a livello di contratti a tempo indeterminato, al quale va aggiunta la situazione di questi lavoratori?
Sì, e sono i lavoratori più deboli, più ricattabili e anche più “indispensabili” alle imprese che vogliono conseguire una certa flessibilità. E nel frattempo questo metodo fa calare le assunzioni a tempo indeterminato, anche per un proliferare di leggi che lo permette. Se prendiamo i numeri di addetti di tante aziende grosse del distretto e li compariamo col passato, il numero di per sé non è che cambi molto: quelli che cambiano sono i tipi di contratto. Non rinnovare un contratto agli “invisibili” fa meno caos rispetto a interrompere contratti a tempo indeterminato: sembra “un colpire senza far male a nessuno”. Ma in realtà sono persone che “dovrebbero” avere diritti, hanno mutui, bollette. Come chiunque altro. E non hanno diritto a nessun ammortizzatore sociale nel caso la ditta debba ridurre il personale…
Abbiamo affrontato diverse volte il discorso di queste cooperative… Diciamo che tra di esse c’è chi se ne approfitta.
Sono normate non da contratti nazionali ma da regolamenti. Ci sono dei riferimenti complessivi, è vero, però sono regolamenti che consentono molte libertà contrattuali…
E queste modalità vengono utilizzate non solo nel settore ceramico, ma anche nel tessile e nel metalmeccanico, persino da aziende leader come la Ferrari. Se anche aziende del genere utilizzano questi contratti… La risorsa umana è il primo investimento che dovrebbero fare le imprese. Se non capiscono che il futuro delle imprese è investire sulle persone, siamo davanti ad imprenditori che si possono definire tali ma non hanno di certo una visione a lungo termine, men che meno a livello di sistema. Investire sulla persona è la prima cosa da fare nella crescita complessiva del distretto. Io posso anche avere una spider in garage, ma se la faccio guidare a chi non ha la patente a cosa mi serve?
Le racconto un aneddoto.
Dica pure.
Ricordo che nel 2002, dopo la riforma della legge Biagi, una mattina vidi in tv Guido Alberto Guidi che era ai tempi vicepresidente di Confindustria nonché padrone della Ducati. Difendeva la precarietà introdotta dalla Legge Biagi, ma ammise che nella sua azienda non aveva nessun contratto a termine. Spiegò: “Visto che devo investire nei confronti delle persone con formazione  addestramento, dopo che raggiungo quell’obiettivo dopo non posso permettermi anche di lasciarli a casa!”. Questo per dire le contraddizioni che ci possono anche essere in questo sistema…
Per concludere?
Va bene, il momento è di crisi. Capisco che ci possa anche essere una riduzione del personale, ma quello che rimane deve essere un valore aggiunto per l’impresa. Competenza, ricerca, qualità. Questa deve essere la direzione.



Commenti
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pierpa  - Ferrari   |2008-11-20 20:58:18
Finalmente qualcuno che ha le "palle" per ammettere come vanno le cose
in Ferrari. Altroché azienda modello! Vanno cambiate diverse cose.
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