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L'intero sistema in discussione Stampa E-mail
Scritto da Fabio Panciroli   
giovedì 08 marzo 2007

La vicenda di Emilceramica, con il mondo politico in subbuglio e i sindacati sul piede di guerra, porta a fare alcune riflessioni su quanto sta, nemmeno troppo lentamente, succedendo nel nostro distretto.
Una trasformazione che, per forza di cose, va a mettere in discussione l’intero sistema, non solo o non tanto il mondo imprenditoriale: dalla politica al sindacato fino alla concezione stessa di posto di lavoro.
Perché quanto sta avvenendo in Emilceramica, purtroppo, non è una cosa nuova: è accaduta in un passato molto prossimo e rischia di avvenire anche in futuro. Dare la colpa alla globalizzazione può sembrare tanto scontato quanto accusare unilateralmente il singolo
imprenditore, scontato e riduttivo. L’impresa va dove l’impresa vende, meglio ancora se dove riesce a vendere può anche produrre a costi più contenuti; è la legge del mercato, del “nuovo mercato”: meno spendo più ampio è il margine di profitto, meno spendo più riesco a rimanere competitivo con chi può contare su infrastrutture, costi energetici e umani di
gran lunga inferiori e nessuno, men che meno l’imprenditore, lavora per il solo gusto di farlo.
Il panorama disegnato qualche anno fa dall’allora Presidente Acimac Franco Stefani, che voleva un “distretto ceramico” sempre più patria di cervelli coi muscoli oltre confine, è ancora lontano da venire, ma qualcosa di simile si sta già abbozzando. In sostanza: la produzione che si può anche fare all’estero viene fatta all’estero; qui da noi resta quella più elaborata, quella più di qualità, quella se si vuole più apprezzata ma che, inevitabilmente, richiede mano d’opera inferiore e sempre più specializzata.
Questo non può e non deve significare che, d’ora in poi, a Sassuolo lavoreranno solamente gli ingegneri; ma è pur vero che qualcosa occorre fare, presto.
A partire dal mondo politico, in questo caso l’idea lanciata dall’Assessore Provinciale Cavicchioli che punta ad istituirsi di specializzazione e aggiornamento, deve essere letta come un segnale positivo; passando attraverso il mondo imprenditoriale che non può e non deve decidere di punto in bianco di “internazionalizzare” l’internazionalizzabile senza prevedere una finestra dalla quale far rientrare chi è costretto ad uscire dalla porta; per terminare col mondo sindacale ancora troppo fermo a difesa di un concetto stesso di “posto di lavoro” che, purtroppo, è destinato all’esaurimento.


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