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"Cara Politica, ti vorremmo concreta come noi" Stampa E-mail
Scritto da Marcello Micheloni e Francesco Martignoni   
giovedì 06 settembre 2007
Se ne contano almeno dieci di un certo calibro e hanno un peso sempre maggiore nella società sassolese. Negli ultimi anni, poi, qualcuno dice che nascano come funghi, solo che rispetto ai porcini i comitati durano molto di più e non hanno alcuna intenzione di venire sradicati. Perché sentono che di loro c’è bisogno: a sentirli pare proprio che la qualità della vita in città latiti e che la colpa sia, in buona parte, di quella politica vista sempre più distante dai ritmi “reali”. Tra proposte, critiche, rabbia ma anche slanci di ottimismo, ecco alcuni tra i protagonisti.

Negli ultimi anni è tutto un pullulare di comitati. Perché?

 

TANTI PROBLEMI, TANTI COMITATI.
E DA SOLO NON CONTI UN FICO SECCO

“Il numero e la nascita di comitati è proporzionale alle problematiche che esistono sul territorio.” Francesco Battaglia, presidente del Comitato del Centro Storico di Sassuolo, è chiaro e lapidario davanti al proliferare di tante rappresentanze. “Non nascono certo per il divertimento di qualcuno - riflette - visto che tutti noi siamo impegnatissimi con il lavoro. Dietro ci sono motivi seri che forse il Comune negli anni ha sottovalutato.” Il comitato del cuore di Sassuolo conta più di 300 firme a sostegno. Nessuna quota partecipativa, nessun contributo dall’amministrazione. Volontariato puro per se stessi e per il proprio quartiere. E’ nato nel maggio dello scorso anno dopo alcune valutazioni: “In precedenza io ed altri cittadini avevamo contattato l’amministrazione tramite scritti per segnalare diversi problemi. Ma ci siamo accorti che il tutto seguiva un iter abbastanza perverso: le richieste venivano bollate e messe nei faldoni, ma i problemi rimanevano sospesi. Il cittadino solo, anche se dice una cosa giusta, ha poco valore: l’unione invece fa la forza. Ora il Comune si trova di fronte un comitato di 300 persone e abbiamo tutto un altro peso.”

Francesco Battaglia del Comitato Centro Storico
Francesco Battaglia
A volte si è dialogato anche in maniera dura, ma partendo sempre da considerazioni concrete: “I residenti sono sempre stati considerati una nullità - spiega Battaglia -. In questo senso: le amministrazioni, giustamente, si occupano dei mercati, dei problemi dei commercianti, però visto che i residenti non sono un partito o un gruppo vengono come l’ultima ruota del carro. Invece devono tornare al centro dei pensieri di chi governa.” Ad esempio nelle riflessioni sui problemi del traffico o nella gestione del mercato. “Una volta un assessore, di cui non dirò il nome, mi disse: ‘Ma voi siete sempre quelli a cui non va bene niente, che brontolate. Noi a Sassuolo stiamo facendo tante cose belle.’ Io gli risposi: ‘Ma lei, scusi, vorrebbe vivere in una città in cui i cittadini hanno tutti il cervello piatto?’ Preferisco vivere dove c’è fermento: nel momento in cui ci scontra, in cui si articola una discussione, da lì si può partire per fare qualcosa di buono. Senza discussione si ha l’anticamera della morte. Non si può avere una classe politica che dall’alto risolve tutti i problemi e una comunità che sta lì e accetta ogni cosa. Poi è chiaro che anche loro avranno le loro ragioni, non lo neghiamo.”
Molto interessante una disamina più generale che Battaglia, di chiare origini toscane, fa su Sassuolo: “Vivo qui da più di 10 anni ed ho notato come in città l’associazionismo sia storicamente molto attivo, però allo stesso tempo il rischio è quello che si creino circoli chiusi.” Situazione differenziatasi negli ultimi anni: “Da un certo punto in poi sono nati questi comitati più a valenza territoriale-ambientale e da lì ci si è poi spostati verso il sociale.” E conclude: “Probabilmente la politica sta osservando questa situazione, ma è rimasta indietro ed ha lasciato spazi che i cittadini doverosamente hanno sentito di voler riempire. Nel momento in cui Sassuolo ritroverà uno standard di un certo tipo, io sarò ben contento di cessare la rappresentanza…”
La cadenza della parlata dei referenti del Comitato Civico Rometta, che conta ben 400 aderenti, è invece emilianissima, ma la sostanza di fondo non cambia : “Noi siamo tutte persone pragmatiche: la cosa che più ci indispettisce è che siamo abituati a lavorare con tempi rapidissimi. Con l’amministrazione comunale, al contrario, è tutto un altro andare… Il nostro disagio è che comunque dopo due anni e mezzo siamo ancora in ballo.” Per una questione nota ai più: “Il comitato nacque nel giugno 2005 per un contenzioso col Comune sulla costruzione di case di edilizia popolare in fondo a viale Torino.” Se ne parlò molto: nacquero discussioni accese, che portarono addirittura a divisioni interne allo stesso comitato, tra massimalisti e chi era comunque disposto al dialogo, come il presidente Alessandro Roversi: “Siamo arrivati ad un accordo con l’amministrazione: volevano costruire 16 appartamenti in fondo a viale Torino, ma il tutto è stato trasferito in 1200mq in palazzina unica sulla tangenziale a fianco della concessionaria Mercedes. Tra le due zone, inoltre, era prevista un’area per la costruzione di un centro commerciale, ma è stata fatta una variante al piano regolatore generale trasformandola in edilizia residenziale privata, con tutte le restrizioni e i vincoli per quote ed altezze per non trasformarla in un ghetto: sarà un totale di 5150mq, con appartamenti minimo di 100.” Nell’accordo (vedi mappa a pagina 3, ndr) è prevista anche la sistemazione dei due giardini che delimitano la zona. Da definire anche la destinazione del vecchio caseificio che dà sulla tangenziale, ora di proprietà comunale. Evidentemente anche qui l’affollatissima partecipazione popolare ha portato risultati: chi può negare che fare cambiare idea ad una Giunta non sia un risultato concreto? Racconta Paolo Gualmini, anch’egli membro del direttivo: “Onestamente, dopo i primi problemi, dobbiamo ammettere che il confronto con il Comune è stato costruttivo, tant’è che lo stesso Diamanti, il vice sindaco di allora, ha detto che se avesse potuto tornare indietro si sarebbe mosso in maniera diversa.”
Paolo Gualmini, del Comitato Civico Rometta
Paolo Gualmini
Ovvero coinvolgendo maggiormente i cittadini. “Erano partiti con troppo irruenza senza considerare i nervi scoperti di Sassuolo”, nota Roversi, che prosegue: “Naturalmente poi hanno cercato di metterci il cappello sopra dei partiti… Noi invece abbiamo cercato di organizzarci solo nell’interesse del quartiere lasciando fuori la politica.” Che, anzi, viene avvisata in maniera molto esplicita: “Stiamo aspettando l’amministrazione al varco. L’apertura di credito da parte nostra c’è stata, adesso ci aspettiamo un segnale. E il nostro atteggiamento al momento delle elezioni sarà conseguente: se l’amministrazione rispetterà gli impegni saremo i primi a riconoscerlo. E’ chiaro che se invece disattendesse quello che si è impegnata a fare, saremo tenuti anche a prendere posizione e a rendere noto agli abitanti del quartiere cosa non è stato fatto. Sarebbe di fatto una presa di posizione politica. Sia chiaro – precisa Roversi – che un’amministrazione ha tutta la legittimità di governare una città e quindi anche se e dove fare l’edilizia popolare. Poi è certo che può sbagliare, e i comitati devono servire proprio per dare delle indicazioni importanti. Con solo dei ‘no’ non si va da nessuna parte”. Ora il Comitato attende mosse concrete da parte del Comune ed è previsto a breve un incontro col vicesindaco Giovanelli. “Sì, è vero - concludono i referenti -  come comitato siamo nati per un obiettivo preciso, ma riflettendoci forse conviene rimanere anche ad obiettivo raggiunto. Pensiamo solo alla gestione della zona Cisa-Cerdisa: sarebbe bene che ci fossimo anche noi lì a vigilare.”  Comune avvertito, mezzo salvato?

 

CITTÀ DI SANTI E NAVIGATORI

La Torricelli, degli Amici di San Michele
Katia Torricelli
La “comitato-mania” che pare aver investito la città non ha tralasciato la frazione principale. Katia Torricelli è la presidentessa del Comitato Amici di San Michele, nato nel maggio 2005: “Il nostro intento era quello di creare aggregazione tra le famiglie, gli anziani e i bambini. Per dare un valore aggiunto alla zona, insomma. A San Michele abbiamo una parrocchia e una polisportiva ma si pensava di poter fare qualcosa che questi due enti non fanno.” Tra i prossimi obiettivi quello di “promuovere incontri medico-sanitari per poter aiutare le persone, soprattutto gli anziani, a capire le nuove leggi e regolamenti sui farmaci.” Ma non solo: “Siccome siamo un po’ decentrati cominciamo a pensare che sarebbe bello poter essere il tramite, la congiunzione tra l’amministrazione e i cittadini di San Michele.” Mica poco. Restando in tema di… canonizzati, da ricordare pure il Comitato di viale San Lorenzo e la sua lotta per il rispetto degli orari di apertura e chiusura dei phone center di quella zona. Si parla anche qui di un paio di anni fa. Recentissimo è invece il Comitato Quattro Ponti, costituito nella scorsa primavera: “Siamo nati per difenderci - denunciano i referenti  - visto che prima in questa zona avevamo solo ceramiche; ora che si sono almeno in parte spostate si stanno indiscriminatamente costruendo abitazioni. Non ci sono aree verdi né luoghi per i bambini e gli anziani e inoltre ci sono grossi problemi di viabilità.” Nel prossimo futuro: “Sappiamo che il Comune sta trattando l’acquisto di un grosso appezzamento di terreno, un campo che dà su via Frati strada bassa, che ora è di proprietà privata. Noi l’abbiamo chiesto perché possa essere gestito dal comitato, per farci un’area verde che sia curata insieme alla polisportiva, da sempre molto propositiva.” Si vedrà.
Intanto c’è chi sembra avere le idee molto chiare su di una questione: “Le sinergie andrebbero armonizzate anche tra i vari comitati: ognuno è portato a difendere le esigenze del suo quartiere, si stanno creando entità autonome. Secondo me invece bisognerebbe coordinare questi gruppi.” E lo ha scritto, assieme ai suoi colleghi, anche sulla facciata dell’atto costitutivo. Parliamo di Ivano Piccinini; il comitato in questione, appena nato, è il Conto Anch’io a Sassuolo. Conto anch’io, perché nella politica non ci si crede più e allora è necessario scendere in campo in prima persona per prendere il timone della nave: “Sassuolo sta affondando come il Titanic. Una volta era il fiore all’occhiello di questo distretto ceramico. Oggi non lo è più. I comitati nascono sotto la spinta del malcontento generale: vent’anni fa Sassuolo era guidata forse meglio di oggi. E in questi anni la città ha fatto grossi sviluppi in termini industriali e sociali, che però non sono stati gestiti a dovere.”
Ivano Piccinini, del Comitato Conto anch'io a Sassuolo
Ivano Piccinini
Così poco a dovere che Piccinini definisce la nostra realtà come “un sistema-paese di malagestione, dove manca meritrocrazia e dove gli attori politici sono quasi sempre gli stessi e spesso non fanno nemmeno parte della nostra vita quotidiana. Sassuolo ha visto agire politici che con il paese hanno poco a che fare.” Da sottolineare come, comunque, Piccinini sostenga che quello del politico “debba essere un mestiere, appunto per la serietà che il ruolo imporrebbe. Ma capita troppo spesso che gli assessori non abbiano la professionalità specifica.” Nello statuto del comitato, oltre alla suddetta volontà di coordinamento con le altre realtà, si parla naturalmente di sicurezza, legalità, qualità della vita. Ma anche di “elaborare proposte di legge, petizioni al Parlamento ed agli enti, locali”, “pubblicare libri bianchi, documentazioni e dossier”, “pubblicare un periodico di informazione sulle attività dell’associazione”. Insomma, nasce agguerrito e ben disposto anche a coinvolgere le realtà economiche ed imprenditoriali: “E’ importante creare dialogo con le associazioni di categoria perché conoscono bene lo specifico di quello che trattano.” Partendo da una considerazione di fondo: “Un programma va costruito dal basso: le indicazioni le devono dare i cittadini, non quelli della stanza dei bottoni.”

 

BRAIDA, NATURALMENTE

Naturalmente Braida: il comitato più importante del quartiere è guidato ancora da Francesco Battani e Fabiana Gibertoni, spesso rabbiosi, spesso sfiduciati, ma con un evidente amore per la propria zona che li fa andare avanti. Battani disegna la situazione attuale: “Dopo il celebre arresto del magrebino ripreso e trasmesso dalle tv (febbraio 2006, ndr) per qualche mese siamo stati bene. Era pieno di carabinieri e di controlli, ma vedevi la gente che andava dai militari a chiedergli se potevano stappare una bottiglia, offrire loro un caffè. Si era tornato a vedere gente in giro, in bici, a prendere un gelato. I personaggi equivoci quando vedevano un lampeggiante saltavano le siepi come caprioli! I controlli servono.” Ma amaramente constatano: “La tregua è durata solo fino al luglio successivo. Adesso non va: a qualcuno magari potrebbe sembrare tutto più tranquillo ma è una calma apparente: chi delinque ha solo cambiato i propri luoghi. E adesso ai magrebini si sono aggiunti rumeni, albanesi, italiani…”. E dei numerosi blitz delle forze dell’ordine? Risponde la Gibertoni: “Servono interventi diversi. Il blitz va bene, ma se ci torni il giorno dopo è già tutto come prima”. E’ di certo il comitato più noto della città, e dire che istituzionalmente è nato quasi per caso: “Avevo mandato una lettera al Carlino - ricorda Battani - dove facevo i complimenti al Sindaco dopo lo sgombero del palazzo di via San Pietro (luglio 2005, ndr). Qualcuno l’ha letta, e ha cominciato a chiedere: ‘Facciamo qualcosa’. Così abbiamo organizzato un’assemblea nella palestra della scuola: solo con passaparola e volantini ci siamo ritrovati con oltre 600 persone…”

Fabiana Gibertoni, del Comitato Quartiere Braida
Fabiana Gibertoni

Da lì è venuta la proposta di costituire il Comitato Quartiere Braida per potersi rapportare col Comune, col quale troppo spesso la distanza pare abissale: “Siamo proprio stanchi dei cosiddetti esperti contattati dal Comune, che ci giudicano da lontano. Sono tutte cose che ci fanno irritare. Poi detta da gente che, come nell’ultima conferenza, ci chiama “sassuolesi”… Sai che esperti! Per quel convegno e gli studi allegati sono stati spesi oltre 100mila euro…” Irrompe Battani: “Se solo 50-60 mila li avessero destinati ad una guardia giurata al cimitero, per fare stare tranquille le persone che lo visitano… Queste sono cose concrete, mica convegni che non hanno portato a niente. Siamo un pochino più pratici che gli esperti del Comune…”. La disamina si spinge oltre: “Viviamo un periodo economicamente difficile: c’è chi licenzia, chi mette in cassa integrazione… Per non parlare di chi si sposta e va ad investire all’estero. E c’è chi dice: abbiamo bisogno di extracomunitari per lavorare. No, prima abbiamo bisogno di fare ritornare Sassuolo quello che era. Da qui l’idea di provare a coinvolgere l’imprenditoria.” In che modo? “Non nel senso di costruire nuove ceramiche qui - racconta la Gibertoni - ma magari pensando a qualcosa di qualità, come la costruzione di un’Università della ceramica, sfruttando il nome che hai, dando un senso a tutto quello che hai fatto negli anni. Una scuola altamente professionale e di ricerca, in una zona comunque accessibile e in mezzo ad alberghi importanti… Richiamare attenzione e sviluppo per le ditte. La cosa va vista a 360° e con programmi a lungo termine”. Prima che sia troppo tardi: “La combinata tra le tensioni del quartiere e i problemi economici è tremenda: tre o quattro anni fa nella zona era impossibile trovare un capannone. Adesso sono più quelli con il cartello ‘affittasi’ o ‘vendesi’…”. Un accenno anche alle recente lettera spedita dal Comune a numerosi proprietari di casa sassolesi in cui si specificava come l’amministrazione si facesse garante presso gli stessi proprietari dell’immobile per quanto riguarda, tra l’altro, il pagamento dell’affitto da parte di famiglie che faticano a trovare autonomamente un’abitazione: “Provate a pensare a chi ha lavorato una vita, si è fatto un mutuo con tutte le difficoltà che ci sono… poi si vede arrivare una circolare da parte del comune di Sassuolo dove c’è una serie di vantaggi e garanzie che aiutano soprattutto cittadini stranieri... Mah, uno si è indebitato per 30 anni, tra Ici e 10mila procedure, hai fatto mille casini anche solo per piantare un chiodo, e ti vedi arrivare delle lettere così? Ma chi premiamo? Magari uno cerca di fare qualcosa anche per abbellire il quartiere… e poi ti senti osteggiato.
E poi dall’altra parte vedi che sperperano fiumi di denaro…” Chiude, amaramente, la Gibertoni: “La tensione nel quartiere è sottovalutata. Al minimo episodio potrebbe deflagare tutto. Non puoi sempre sperare che non succeda niente…”

 

PARCHI  DI VARIE TONALITÀ

Un’ altra realtà di Braida è il Comitato La Comune del Parco Amico, una decina di famiglie che si impegnano per mantenere vivo uno dei parchi più grandi di Sassuolo, incastrato in una zona nota per le sue problematiche. “Siamo in un punto di passaggio fra le due moschee e dobbiamo fare i conti con le paure della gente, che ormai fatica ad uscire di casa - ci racconta Giuseppe Verdi, presidente dell’associazione -. Il processo di integrazione si è completamente fermato, perché dovrebbe nascere dagli italiani, e invece qui di italiani non se ne vedono quasi più”.

Giuseppe Verdi, della Comune del Parco Amico
Giuseppe Verdi
Il comitato di questo parco è molto attivo nella manutenzione e nell’animazione dei 24mila mq di verde, soprattutto da quando è stata costruita ed allestita la casetta dove vengono organizzate feste e compleanni per i più piccoli. Ma sembra che il parco di Braida sia diviso in due: c’è la parte con la casa e i giochi per i bambini che è frequentata durante il giorno e nei weekend, ed utilizzata per le manifestazioni che l’associazione promuove dal 2004. Ma c’è anche una zona più buia ed abbandonata, senza attrezzature se non qualche rara panchina: “Abbiamo chiesto al Comune di costruire una struttura polisportiva nella zona di parco dove ora non c’è nulla: sarebbe importante animare anche quello spazio per tenere lontani tutti quegli ubriaconi che la sera si fermano lì”. L’ubriachezza molesta sembra essere il principale fattore di disagio, soprattutto nelle serate estive che cominciano ad essere sempre più ingestibili per Verdi, che continua: “Un campetto dove giocare a pallavolo e a calcetto sarebbe importante anche per attirare qualche ragazzo, visto che ora qui da noi non si vede nemmeno un adolescente”. Sembra che al Parco Amico manchi completamente la frequentazione della fascia di età che va dai 12 a 20 anni.
Solo spostandosi di qualche centinaio di metri la situazione è assai differente. Il Parco Le Querce è una piccola area verde racchiusa tra i condomini di via del Tricolore e dintorni. Giuliana Scaglioni, presidentessa dell’omonimo comitato, parla con grande ottimismo: “Il nostro parco è frequentato da moltissimi giovani, di ogni nazionalità: pakistani, arabi, rumeni, senegalesi e ghanesi, oltre che da molti italiani, soprattutto meridionali. E la convivenza è ottima”. La situazione sembra essere molto serena anche nel Parchetto Il Trifoglio, la piccola area verde attrezzata con giochi e panchine che sta fra le due case del Parco Ducale. “Abbiamo un ottimo rapporto con l’amministrazione”, dice Lorella Fornaciari, referente del comitato, composto da una dozzina di donne che si occupano della pulizia, della segnalazione di eventuali danni o problemi e dell’organizzazione di tre o quattro eventi annuali con i quali raccolgono fondi per iniziative benefiche, fra le quali l’adozione a distanza.
Manifestazioni che venivano organizzate con continuità anche nel Parco Amico di Braida, almeno fino a poche settimane fa: “Siamo stati costretti a bloccare tutte le iniziative di mezza estate, a causa di episodi molto spiacevoli che sono avvenuti durante le feste - riprende Verdi. I soliti ubriachi sono venuti a causare liti e risse e quindi abbiamo deciso di rimandare tutto a settembre nella speranza che qualcosa cambi, nella speranza che l’amministrazione ci venga incontro. La gente ha voglia di uscire, siamo arrivati ad avere anche 200-300 persone a serata, ma ha anche bisogno di sentirsi tranquilla e sicura”. A riguardo la Scaglioni del Parco Le Querce ci racconta che “è molto faticoso organizzare feste, in modo particolare se il target sono i ragazzi, ma loro sono volenterosi e ci danno una mano. Certo che spesso ci tocca subire le critiche di chi non vede di buon occhio queste iniziative, soprattutto se serali…”.
Il quadro è molto variegato e ovviamente dipendente dalle differenti condizioni sociali in un cui si è sviluppata l’esperienza associazionistica. Già prima della costituzione dei comitati c’erano persone che si occupavano delle aree verdi in maniera volontaria ed informale. Poi, come ci confermano tutti i referenti, il formarsi di queste associazioni è stato caldeggiato dall’amministrazione poiché è un gran risparmio e un valido aiuto avere qualcuno che si occupi volontariamente della pulizia e del mantenimento di un parco, e dell’organizzazione di manifestazioni e iniziative che arricchiscano i quartieri. È vero anche però che, soprattutto nelle zone più a rischio, comincia a salire un senso di abbandono e di scoramento: “Siamo un po’ giù in questo momento, siamo scarichi e stanchi - ci dice Verdi - se continua così ci avviliremo del tutto. Sfido qualsiasi altra associazione a sopportare quello che abbiamo vissuto noi, senza dire mai nulla, senza vedere mai scritto nulla sui giornali. Il Comune aveva bisogno di un punto di riferimento nella zona e noi abbiamo seguito il suo consiglio formando un comitato. All’inizio l’obiettivo era quello di creare aggregazione e togliere le famiglie dal giogo della televisione, ma ora tutto è cambiato: il processo di integrazione va all’indietro e abbiamo bisogno di vedere decisi cambiamenti, come lo spostamento delle moschee e la chiusura del palazzo sulla circonvallazione”.

Insomma, a Sassuolo i problemi non mancano: si sa.  E sembra che la partecipazione diretta alla vita pubblica sia incoraggiata da un comune senso di sfiducia nella politica, assai povera di concretezza. Questa sensazione nasce sicuramente da una serie di dati oggettivi che sono sotto gli occhi di tutti (anche e soprattutto a livello nazionale), ma è ulteriormente amplificata da almeno due fattori: una informazione sempre più capillare e dettagliata che rende tutti più coscienti e partecipi; e la possibilità di esprimersi attraverso una comunicazione facile, alla portata di chiunque (soprattutto delle generazioni più giovani) e spersonalizzante (spedire una mail intimorisce meno che parlare in una piazza). Oltre alla sfiducia nella politica, quindi, contano molto i nuovi (tanti canali tv, tanti quotidiani) e i nuovissimi media (internet) che consentono una maggior consapevolezza riguardo i principali aspetti della vita pubblica, consapevolezza che a volte può anche essere deviata ma che al contempo dà enormi possibilità di espressione e aggregazione.

 



Commenti
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bravi  - bravi   |2008-06-24 11:01:59
bravi, un lavoro enciclopedico.
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