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Il regalo dal profondo del cuore Stampa E-mail
Scritto da Matteo Ghirardelli   
mercoledì 05 aprile 2006

Era tardi, come tutte le altre volte. Così tardi da trovare la casa spenta e la cena fredda fra due piatti per tenerla al chiuso. Sua moglie era andata a letto dopo averlo aspettato il più possibile. O forse no; era da sette mesi che tornava verso le undici dal lavoro, e le prime volte trovava Carla che dormiva sul divano, la tele accesa e un senso di colpa che gli saltava addosso; adesso, invece, Carla se ne andava dritta a letto, abituandosi ormai ad addormentarsi sola in compagnia di un libro.
“Che ci posso fare?” Si lasciò ad un sospiro, le spalle curve e la schiena indolenzita e la ventiquattrore in mano.”Il mio lavoro mi sta cancellando da casa”. Ma subito si fece soccorrere dal fatto che se non fosse per quel lavoro, se non fosse che rimaneva in ufficio fino a tardi per stare al passo con quell’azienda che sembrava aver messo il turbo, bè semplicemente non ci sarebbe stata nessuna casa da cui farsi cancellare.
Certo, il lavoro lo teneva impegnato quasi sedici ore al giorno, a volte doveva rassegnarsi a mangiare un panino nella camera calda di fronte agli uffici dell’azienda, e da qualche tempo gli toccava pure passare il sabato tra scartoffie e telefonate internazionali, ma senza di quello cosa avrebbe dato a sua moglie? Almeno quello era una cosa su cui poteva andare sicuro. Come poteva farci stare tutto in quel casino di vita? Avrebbe avuto bisogno di un patto col diavolo.
Si tolse il cappotto, lo lasciò cadere sul divano assieme alla ventiquattrore e si diresse
in cucina allentandosi la cravatta. Sollevò il piatto e quella bistecca fredda e insapore
gli accese una smorfia, seguita da un altro sospiro; prese il piatto e lasciò scivolare la cena nel cestino nel vano sotto il lavabo. Non ce la faccio più. Cavolo, guarda come mi sto riducendo. Non vedo l’ora che finisca questo periodo del cavolo.”
Spense la luce e andò in camera, e lì ebbe una sorpresa: il letto era vuoto e perfettamente
in ordine.
“Che diavolo...?” Un’altra bella domanda, campione.
Girò per un po’ su e giù per la camera, cercando di saltarci fuori. “Dov’è andata? E perchè non mi ha detto niente?” Poi, nella sua marcia nervosa, l’occhio si imbattè in qualcosa fuori posto, qualcosa che non era mai stato lì. Fabio lo prese in mano e lesse la scrittura di sua moglie: Il tuo regalo è in sala. Cerca nel divano.
Mise la mano nelle fessure fra i cuscini, tastando e spingendo fino in fondo. Sotto le dita briciole indurite di pane, una penna e...
Tirò fuori la mano che reggeva l’oggetto. “Una cassetta”. Nel rettangolo per l’etichetta
c’era uno strappo di carta adesiva con su scritto: Auguri...
“Che sta succedendo?” La infilò nella bocca del videoregistratore e accese la tivù sull’AV. Il nastro partì subito e il primo piano di sua moglie riempì lo schermo. In quel momento il suo cuore perse un colpo.
Gli occhi di Carla erano puntati nei suoi, e in quello sguardo lesse il freddo del polo.
In quella faccia non c’era più niente di lei.
“Tanti auguri Fabio.”
“Okay, fino a qui c’ero arrivato. Anche se non è il mio compleanno.
“Ora mettiti comodo, sarai appena tornato a casa dal lavoro e sarai stanco, quindi
rilassati...e guarda.”
“E’ una parola.”
L’inquadratura si allargò e Fabio potè accorgersi della nudità di sua moglie, le tette turgide e i capezzoli induriti rivolti all’occhio della telecamera digitale. Un regalo
che lui aveva fatto a lei l’anno prima.
“Ma che...? Cosa ti sei messa in testa? Carla chiuse gli occhi, inclinando la testa verso il soffitto. Da quella prospettiva poteva vedere un pezzo della stanza che aveva intorno. E quella non era casa sua. Il cuore inciampò un’altra volta nei suoi battiti, qualcosa di strano si allacciò al suo stomaco, qualcosa lo mandò in frantumi. Una mano di uomo, coi peli sulle nocche, entrò nel campo visivo della telecamera sbucando da sotto, e si chiuse intorno al seno. A quel tocco un gemito scappò dalla bocca di Carla, e lo stesso gemito sfuggì da quella di Fabio. Quella cosa dentro di lui che era andata in frantumi prese a rotolare e rotolare, come una palla di neve che man mano s’ingrandisce. Con la mano artigliò il bracciolo del divano, sentì la stoffa sotto le dita accartocciarsi morbidamente. La mano dello sconosciuto intanto continuava a stringere e lasciare, tirare e lasciare, e il diaframma di sua moglie che s’alzava e s’abbassava, e il diaframma di Fabio che si alzava e si abbassava.
“No.” Poi la mano chiamò quella destra e questa imitò alla perfezione quella sinistra.
Fabio si era messo con la schiena dritta, le nocche sbiancate e gli occhi fuori dalle orbite.
“Carla...no. No!” Non ce la fece più, scattò dal divano e pigiò eject con tale forza che se il video non fosse stato assicurato al muro sarebbe caduto per terra. Appena la cassetta fu fuori, Fabio la prese e la disintegrò contro il muro, riempiendo la stanza di piccoli frammenti di plastica nera. La calpestò,saltandoci sopra, la raccolse e la restituì di nuovo al muro, ma stavolta non c’era quasi niente da far volare in mille pezzi.
“Carla!!!” Andò al telefono, compose il numero di sua moglie a memoria e aspettò in linea, il fiato rotto, il cuore che gli pulsava il sangue fin nelle orecchie e la bocca digrignata. Il segnale era libero, allora perchè cazzo non si muoveva a rispondere?
“Prendi quel telefono porca puttana!” Forse ha le mani impegnate. “Perchè non rispondi? Cazzo, rispondi!” Forse ha la bocca impegnata.
Poi lo scatto della comunicazione che si apre e la voce fredda di Carla che quasi gli
sussurrò: "Dimmi.”
Aveva così tanta rabbia, così tanta confusione e così tante cose da dire che davanti a quella calma incredibile lo mandò nel pallone, facendo cadere tutte le parole in una massa infuocata dalla quale non riusciva a pescare niente.
“Dimmi? Come sarebbe dimmi?”
“L’hai vista?”
“Secondo te? Carla, cos’è, uno scherzo? Ti prego dimmi che è così, anche se mi ha
sconvolto, sono pronto a riderci su. Allora?”
“Non è uno scherzo.”
“Dove sei? Dove cazzo sei?”
“A casa di un amico.”
“Chi, quello stronzo della cassetta? Chi è? Lo conosco? Carla, porca troia, dimmi perchè!”
“Non c’eri mai.” Ora la sua voce non era più così odiosamente pacata. In quella frase c’era stato una frattura, qualcosa che solo una gola piena di magone avrebbe saputo produrre. “Sono fatta di carne ed ossa e tu non ci sei mai”.
“Sono impegnato. Lavoro, Carla, io lavoro, tu no. Non ci sono mai perchè la casa non si mantiene da sola, le rate delle macchine, la luce, il gas, l’elettricità e i vestiti e il cibo non si pagano da sè.” Strinse forte la cornetta nella mano, fermando il sangue nelle dita, appoggiò la testa contro il muro e strinse i denti, cercando di lottare con le lascrime. Una battaglia che non se la sentiva di vincere.
“Da quanto? La tua non è una scusa. Sei mia moglie, cavolo, mi dovevi aspettare, e invece... Invece ti fai sbattere da uno stronzo che forse fino a ieri mi stringeva la mano.
“Cosa facciamo adesso?”
Era caduto in un delirio che a forza di girare sfumava i contorni, faceva perdere le tracce delle cose ovvie, lasciava tutto indistinto e difficile da gestire. Si sentiva su una terra che dondolava, rendendo impossibile stare in piedi. Non sapeva cosa fare...non sapeva cosa dire, e molto probabilmente non si accorse di un pensiero che saliva e saliva, si distingueva dalla folla in cui si erano trovati gli altri. Ma guarda te, una sera torni a casa, ti trovi la cena fredda e la casa buia come tutte le altre volte perchè il tuo lavoro pretende che ti spacchi il culo in due, e poi scopri che tua moglie si fa un altro. E te lo fa trovare su una cassetta, e ci scherza pure, facendoti gli auguri.
Un regalo per il marito cornuto che non sa! Ecco a voi il vincitore!
“...Divorzio.” Una sera torni a casa e scopri di non avere più una moglie, che quella promessa fatta davanti a Dio è andata a farsi fottere. Bè, grazie tante. Ancora quel
pensiero, ora più forte che mai.
“Voglio ucciderti” le disse in un sussurro che forse lei non ha nemmeno percepito.
“Ti taglio la gola.”
Ma aveva messo giù.
Se ne restò impalato lì, in piedi con la cornetta in mano e la testa contro il muro, e il cuore spezzato che spargeva in tutto il corpo quello che aveva dentro. Così si ricorderà
di essere stato quando un giorno lo racconterà a qualcuno, cercando disperatamente
di darvi un senso.
Il tuo regalo è in sala. Cerca nel divano.
“Direi che l’ho trovato. Direi che ora sono morto. Sì, sono morto.”

Tanti auguri, Fabio. Tanti auguri davvero, dal profondo del cuore.


 
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