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Maurizio Duranti Stampa E-mail
Scritto da Laura Corallo   
sabato 08 settembre 2007

Di certo è uno dei designer più noti al mondo. Maurizio Duranti qui ci parla del suo mestiere, dei suoi progetti e di Sassuolo: “Sì, siete ancora la capitale della piastrella, ma…”

E’ uno dei più noti architetti e designers al mondo. Maurizio  Duranti, milanese, si occupa dl 1990 di industrial design e collabora per molte aziende nei vari settori della produzione della casa. Ha ricevuto riconoscimenti come il Good Design Award nel U.S.A. e la Segnalazione d’Onore al 18° Compasso d’Oro a Milano nel ‘98.  Alcuni pezzi da lui disegnati sono entrati nelle collezioni permanenti di musei (Athenaeum di Chicago, Victoria & Albert di Londra, Nankamura Design Collection di Tokio, Museo della Arti Applicate di Monaco ,ecc..) fatturano milioni di euro ed entrano in molte case. Per il Piastrellino Maurizio Duranti ha rilasciato un’intervista.


Architetto  Duranti, Lei si occupa anche di disegno industriale. Come è cambiato il disegno industriale in Italia negli ultimi anni rispetto alle creazioni di grandi nomi del passato come Giò Ponti?
L'architetto e designer Maurizio Duranti
L'architetto e designer Maurizio Duranti
Negli anni 50 e 60, ai tempi di Gio’ Ponti, il design era agli albori. Pochissimi architetti e già molto affermati, disegnavano mobili e oggetti e  alcune aziende illuminate, proponevano nei loro cataloghi questi oggetti ad alto contenuto innovativo per un pubblico colto. E’ dagli anni 90 che il design è diventato una disciplina e un mestiere autonomo dall’architettura. Sono cambiati anche i principi ispiratori: una volta il design dava risposte ai bisogni e all’ergonomia, oggi risponde ai desideri e crea  emozioni.
A suo parere  è l'utilizzo di un determinato materiale ad influenzare  la creazione di un oggetto oppure è il contrario?
Nella musica, un brano può essere suonato con strumenti diversi, la partitura è la stessa, ma un sax da una percezione diversa del brano rispetto al pianoforte o alla chitarra. Ho disegnato cose che ho realizzato in vetro, in legno o in plastica e risultavano pezzi molto diversi tra loro, nella loro poetica espressiva. E’ pur vero che nel design conta molto la tecnologia di produzione, pertanto ci sono oggetti che si possono realizzare solo con certe tecnologie e non con altre, quindi è altrettanto vero che il materiale influenza il progetto.
Sassuolo è la patria delle piastrelle di ceramica e sempre più all'avanguardia per design e tecnologie costruttive. Cosa si potrebbe creare ancora oggi per la forma artistica della  piastrella?
Sassuolo è la capitale della piastrella,  ma, tranne per rare eccezioni, è ancora lontana e poco frequentata dal design e dai designers. La principale produzione è indirizzata su linee tradizionali, per quanto attiene la piastrella ceramica, e ad imitazione di marmi e pietre (addirittura del legno…!) per quanto attiene al gres porcellanato. Penso che questo derivi dalla forte specializzazione tecnologica nella quale ogni azienda ha investito che obbliga a grandi tirature anche per conto terzi, ma con un prodotto sempre più lontano dalle esigenze culturali di un mercato che cerca creatività. Tutto questo da una parte ottimizza i processi produttivi contenendo i costi di produzione, dall’altra parte appiattisce l’offerta e crea una grande concorrenza che può essere combattuta solo sui prezzi.
E’ vero che il design è fatto per mercati di nicchia, ma è altrettanto vero che permette ad un’azienda di crearsi un’identità precisa, una visibilità nella comunicazione ed un valore aggiunto sul prodotto che la fa uscire da certi vortici di mercato che possono addirittura stritolarla. Io dico sempre che non è importante quanto un’azienda fattura, ma è importante quanto guadagna e che posizione ha il marchio.
Lei ha disegnato prodotti molto noti, per l'arredo bagno, oggettistica per la casa, orologi. Qual'è il concetto che sta alla base delle sue creazioni?
Io penso che il design sia indirizzato ad un vivere quotidiano colto. Come succedeva negli anni 60/70, un oggetto di design deve entrare nelle case della gente, deve costare un prezzo plausibile e possibile, deve dire qualcosa di nuovo e deve aiutare a vivere meglio. Poi può entrare anche nei musei e diventare pezzo di culto, ma non deve mai perdere la sua identità di oggetto d’uso.
A settembre Lei presenterà alla fiera Abitare il Tempo il progetto La Casa Egotica. Qual è il suo significato?
La fiera Abitare il Tempo, insieme alla Triennale di Milano, sono ormai gli unici due luoghi istituzionali dove l’architettura e il design possono fare sperimentazione e ricerca.  Il merito è di Carlo Amadori, patron della manifestazione e ad aziende illuminate che credono e investono nel design come fonte di energia produttiva. La Casa Egotica ruota attorno al tema del “d’io” : il nuovo rapporto con il nostro ego ha determinato cambiamenti nel vivere lo spazio domestico e io cerco di individuarli e rappresentarli nel modo in cui io li avverto.



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