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L'aquila Stampa E-mail
Scritto da M. Siviglia   
mercoledì 09 maggio 2007

-Si parla di tradimento. Lo so bene, ma queste sono cose che il popolo, o come li chiamate
Voi, i cittadini, non possono comprendere-
Singolare l’immagine che l’aquila estense dava di sè in quel pomeriggio d’inizio estate. Si stagliava contro il cielo rosa e arancio del tramonto, fissa ed imponente. Eppure l’impressione che dava era proprio quella di essere in procinto di cadere nel vuoto, gravata dal suo stesso peso, sfiancata. Quella immobile da anni nella Peschiera e quella che si muoveva con gesti gravi e solenni nel parco, come se quella conversazione fosse il vero nodo da sciogliere affinchè i drammi degli ultimi tempi venissero finalmente catalogati come tutti gli altri che la famiglia portava in sè da secoli, eventi insoliti, dolorosi incidenti.
Editti, proclami, sentenze. Qualche moneta da distribuire agli orfani, qualche lettera da scrivere alle vedove.
-So che queste mie parole vi feriscono. So che mi considerate un vecchio reazionario ancorato ai suoi privilegi. Se solo poteste comprendere quanto voi ed io siamo simili nel disegno che Dio ha scelto per noi-
Avrebbe potuto colpirlo, probabilmente ucciderlo in quel preciso istante. Solo la pietà per quell’uomo anziano, ricurvo sui suoi anni come sul bastone cui si poggiava per camminare, lo trattenne.
Troppi patrioti avevano perduto la vita a causa di quella mano tremante sull’oro e l’avorio, che aveva scelto di impugnare la penna anzichè la spada determinando così la morte di tanti giovani, la cui colpa risiedeva nel sogno di un’Italia unica e libera dall’oppressore straniero. Se solo gli estensi non si fossero imparentati con i maledetti asburgo. Se solo non avessero venduto le loro figlie al vile austriaco.
-Non riesco a comprendervi-
Il vecchio sorrise tristemente. Guardò ancora una volta l’aquila nel cielo infuocato poi si fermò e si appoggiò al braccio del suo nemico, trascinando così una passeggiata ed una conversazione divenute ormai troppo penose per lui.
-Vedete, entrambi siamo rivoluzionari. No, non stupitevi di questo termine. Entrambi abbiamo desiderato cambiare il mondo. Il mondo a cui apparteniamo. Ed entrambi abbiamo usato ciò che meglio conosciamo, la politica. Voi attraverso lo studio e l’arte oratoria ed io attraverso le alleanze. Alleanze matrimoniali e politiche. Ma vedete bene che entrambi abbiamo fallito. Ognuno a causa dell’altro. Domani firmerò la vostra condanna a morte, ma voi già da tempo avete firmato la mia e quella di tutti quelli che, come me, appartengono ad un mondo che sta per scomparire. Moriremo entrambi, voi sul patibolo ed io condannato come vile e sanguinario traditore dalla storia. Ma, in conclusione, sarete voi a vincere questa guerra. Entro pochi giorni abbandonerò queste terre e questo palazzo, che entrambi stiamo ammirando ora per l’ultima volta. Questa vita ci ha voluto troppo simili e troppo distanti per essere amici, e troppo diversi e troppo vicini per evitare di eliminarci l’un l’altro. Credetemi, è con sincero rammarico che vi dico addio-
La vecchia aquila lasciò il braccio fermo del giovane, mentre due guardie che li seguivano a distanza lo afferrarono portandolo via.
Non cercò di fuggire, non implorò la grazia. Non disse una parola. Il vecchio duca aveva ragione. Quello era il loro destino. Questo era ciò che doveva compiersi. E questo fu ciò che entrambi si dissero in quell’ultimo sguardo, mentre le prime stelle comparivano tra le ali dell’aquila della Peschiera.

 

BIOGRAFIA AUTORE

M. Siviglia è lo pseudonimo della nostra lettrice che preferisce firmarsi così.



 
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