Scritto da Giuseppe Sofo
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mercoledì 14 maggio 2008 |
Una giornata in un parco, come tante altre. Un paio di teli, quattro amici, una chitarra, un cane e un po’ di voglia di parlare, un po’ di godersi una delle prime giornate di sole. È un venerdì, ma il parco è pieno comunque, perché è il 25 Aprile. Un giorno come un altro per alcuni. Un motivo per stare a casa da scuola o da lavoro per altri. Per qualcuno, ancora, un motivo d’orgoglio.
Di far parte dell’unica nazione che si è liberata, almeno in parte, con le proprie mani. Proprio intorno a questo giorno, più di sessant’anni fa. Si suonano i Pearl Jam, un po’ di blues, Radiohead, Bob Dylan e i Nine Inch Nails. Poi capita. Capita che tra le canzoni che conosciamo tutti ci sia “Bella ciao”. E allora la si suona. Anche qui, con orgoglio. Cerchiamo da bere e troviamo un banchetto di alpini che vendono gnocco fritto e lambrusco. Ci viene naturale. Glielo chiediamo. “Cantate con noi?” No, non cantano. “Dobbiamo sparecchiare”. C’è altro da fare. “Anche i vecchi sono stanchi”, mi dice un amico. Ma per fortuna so che non è vero; per fortuna so che non sono tutti così, gli italiani. Perché quattro giorni dopo ho scoperto che abbiamo trecentomila persone pronte a seguire gli ordini del prossimo ministro alle riforme, che per raggiungere i suoi obiettivi è disposto ad usare “tutti gli strumenti che servono”. Trecentomila persone “con i fucili caldi”. E questo mi consola: se ciò di cui abbiamo bisogno è un promemoria di ciò che è stato, la strada è quella giusta.
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