Numero 48, Autunno 2009 - UN NUMERO SPECIALE: con questa uscita
si chiude la prima parte della vita del "Sassolino" inteso come mensile,
mentre prosegue a pieno ritmo il portale "il Sassolino.net" (e comunque
non finirà qui!). A corredo di una mostra organizzata dalla Redazione,
ecco un numero speciale con tanti aneddoti, un racconto di Emilio
Rentocchini, il lavoro di Leo Turrini e tanto altro...
Clicca sulla copertina per scaricare il Sassolino SPECIALE dell'autunno 2009 in .pdf
Modi da gentleman, eloquio affascinante, Antonio Caprarica è noto al grande pubblico come capo corrispondente RAI da Londra. Intervistato in occasione della presentazione del libro “Dio ci salvi dagli inglesi…o no?!”, ci ha esposto, con la vivacità intellettuale che gli è propria, la sua personale percezione del Regno Unito e dell’Italia in questi ultimi dieci anni
Egregio Caprarica, lei una volta disse: “Dovere di un corrispondente è osservare quotidianamente gli spostamenti impercettibili della società”. Dall’eredità di Margaret Thatcher a quella ormai prossima di Tony Blair, come sono cambiati quelli che lei definisce gli europei d’oltremare? In questo caso si può affermare senza difficoltà che i cambiamenti non siano stati impercettibili, bensì piuttosto rilevanti. L’abilità maggiore di Blair è stata quella di sfruttare il lascito positivo della rivoluzione tatcheriana, che aveva davvero cambiato una società decisamente chiusa e conservatrice come quella britannica, introducendo il principio del merito.La Tatcher viene spesso ricordata, secondo me a torto, solo come la bastonatrice dei sindacati, ma è stata piuttosto colei che ha infranto le incrostazioni classiste radicate nella società britannica aprendo il paese a quelle masse di immigrati che rappresentano parte importante della odierna società integrata e multirazziale inglese; in altre parole, da una società “white, anglosaxon, protestant” al “United colors of Benetton”! Oggi sulle rive del Tamigi ci sono la bellezza di più di 50 diverse etnie che parlano 300 tra dialetti e lingue, vale a dire il mondo in una sola città. Tony Blair ha assecondato il compimento di questo processo e ha introdotto elementi importanti di garanzia sociale, il famoso welfare state britannico. Quindi nel complesso direi che la sua opera sia stata meritoria, purtroppo macchiata, a giudizio stesso di gran parte dei britannici, dall’intervento bellico in Iraq e in particolare dalle bugie legate ad esso. I britannici infatti mai nella storia hanno avuto paura delle armi, quello che non tollerano sono le menzogne. Per questo oltre Manica oggi Blair è spesso apostrofato come “the poodle of bush”, il barboncino di Bush. Crede che questa ondata rivoluzionaria abbia investito allo stesso modo il nostro paese? Qual’è la sua percezione dell’Italia, dopo 16 anni in giro per il mondo? I cambiamenti in apparenza sono stati enormi, sostanzialmente temo molto meno rilevanti . Effettivamente c’è stata una specie di rivoluzione da “Mani Pulite” in avanti, un’intera classe dirigente è stata spazzata via, sembra però sia arduo introdurre in questo paese comportamenti virtuosi; è difficile parlare di cambiamenti quando ancora si ha notizia di un’evasione fiscale che sfiora quasi la metà della platea contributiva e di resistenze tetragone a certe riforme del mercato del lavoro e delle pensioni, cioè a tutte quelle misure essenziali per garantire un futuro al nostro paese. Le nostre generazioni danno l’ impressione di essere piuttosto ancorate al potere mentre quelle nuove sembrano ancora timide nel rivendicare diritti legittimi. Potrei concludere che rivedendola da vicino questa Italia è cambiata meno di quanto ci si potesse aspettare. E in Europa alcuni nostri comportamenti vengono giudicati, per usare un understatement, ancora piuttosto pittoreschi. Penso che spetti agli italiani essere un po’ meno pittoreschi e un po’ più concreti, per il loro bene. Concludendo con una nota di colore, lei si è occupato spesso di “questioni reali”, qual è la sua personale opinione relativamente alla famosa “teoria del complotto”? Credo sia una delle più grandi bufale del ‘900. Quando muoiono personaggi leggendari come la principessa Diana c’è sempre chi avanza ipotesi strampalate. Per taluni l’idea che questo servisse alla corona inglese per sbarazzarsi di una regina scomoda può sembrare legittima. Niente di più inesatto. Agli occhi di molti sudditi della regina, forse legittimamente, l’idea di una liason tra la principessa del Galles e un ricco playboy musulmano era come fumo negli occhi, ma la teoria del complotto non è altro che il risultato del nostro inconscio, la necessità di trovare una spiegazione ad eventi che ci appaiono straordinari. Forse è importante sottolineare che il maggiore sponsor di tali supposizioni è stato il padre di Dodi al-Fayed, Mohammed, ma ciò, presumibilmente per ragioni legate alle responsabilità civili del fatto e a conseguenti risarcimenti miliardari.