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Dario Fo: "Crisi del teatro? È anche colpa di cittadini e artisti" Stampa E-mail
Scritto da Francesco Martignoni e Marcello Micheloni   
mercoledì 30 maggio 2007

In occasione dei recenti “Incontri con l’autore” organizzati per il Maggio fioranese,  abbiamo incontrato Dario Fo. Ne abbiamo approfittato per porre al grande premio Nobel alcune questioni che toccano direttamente anche la nostra città, Sassuolo

 

Egregio Fo, viviamo in una città, Sassuolo, che è molto ricca…
Conosco bene Sassuolo.
Ecco. Nonostante sia molto ricca sono diversi anni che c’è un problema che si ripete: il teatro cittadino (naturalmente il Carani, ndr), questa istituzione così importante, rischia ogni stagione di chiudere. Adesso non la stiamo ad annoiare con il perché ed il percome, però le chiediamo: qual è in generale il ruolo che un’istituzione come un teatro dovrebbe o potrebbe avere in una comunità?
Ma lei viene a dire ad uno che fa le frittelle se è importante fare le frittelle…
Sì, esatto!
Il teatro è essenziale. Il problema grave è che stiamo distruggendo una grande tradizione
che vedeva in Italia, come in nessun altra nazione, voglia di far nascere teatri anche in paesi dove esistevano appena 700 persone. Anche nel Sud. E qui nella Romagna, nell’Emilia, nella Toscana, nella Lombardia, sono nate addirittura associazioni per costruire un teatro, e poi sul nascere del teatro si è magari costruita una scuola.

Dario Fo
Dario Fo (foto Martignoni)
Sono nate espressioni culturali altissime: la voglia di stare insieme non soltanto in un’osteria ma anche la voglia di godere insieme di una musica, di un canto, di una rappresentazione. È stato un momento altissimo della cultura italiana. Lasciarlo crollare significa lasciar crollare qualcosa che non è una dote casuale ma realizzata con sofferenza, con fatica, con lavoro. Ci sono teatri, e non so se è il vostro caso, in cui gli abitanti del luogo hanno dato il loro lavoro manuale per poterli realizzare, si sono tassati l’un l’altro, li hanno sostenuti anche in momenti difficili.
E ora?
È arrivato un tempo in cui si parte dall’alto, già dalla direzione dei governi, gli ultimi
tre o quattro, in cui si è detto: se si deve tagliare, tagliamo la cultura. Poi hanno tagliato anche nella scuola, negli ospedali. E poi han cominciato a vendere gli spazi. C’è stato soprattutto il Governo Berlusconi che ha venduto patrimoni per miliardi di valore, svendendo ai grandi trust economici. Ora bisogna battersi, bisogna produrre un’azione di resistenza davanti a questi amministratori che lasciano franare e morire queste espressioni di cui loro hanno una responsabilità, perché quando arriverà il tempo in cui si dirà “avevamo un teatro, adesso non ce l’abbiamo più”, il responsabile non sarà la casualità ma l’amministrazione. E anche i cittadini, che non si puntano abbastanza per poterlo sostenere.
Restando sul discorso della carenza di fondi per l’arte, per la cultura, per le politiche
giovanili: quando lei ha iniziato la sua carriera com’era la situazione? C’era più sostegno da parte delle amministrazioni oppure c’era più coraggio da parte degli artisti e degli intellettuali?

Era appena finita la guerra: avevamo un foglio enorme, immenso, bianco sul quale scrivere e fare. Non c’erano aiuti, anzi, c’era una censura terribile. Ma c’era anche gente che si muoveva in una direzione nuova e capiva che bisognava dare spazi ai giovani: ad esempio ci sono stati mesi in cui abbiamo lavorato grazie al fatto che Il Piccolo Teatro di Milano nelle estati ci offriva lo stabile a prezzi ragionevoli. E abbiamo prodotto lavori che coinvolgevano il pubblico! Non ricercavamo l’edonismo, non facevamo un discorso soltanto di stile… Lo facevamo anche, per carità: con noi c’era Le Coque, Decroux, c’era un movimento culturale raffinato nel muoversi e nell’agire.
Ancora Dario Fo nella sua visita a Fiorano
Un'espressione del premio Nobel (foto Martignoni)
Ma c’erano soprattutto le tematiche, che infatti infastidivano il potere: ogni sera venivano i censori che prendevano nota per poi cercare di bloccarci. Ma non ce la facevano, perché sarebbe scoppiato uno scandalo vista
l’enormità di pubblico che ci sosteneva. Stile, divertimento e satira: queste sono le tre
cose fondamentali da utilizzare. Cercando di avere l’appoggio della società…
…quindi secondo lei viviamo in un’Italia più o meno libera a livello artistico, culturale,
giornalistico rispetto a quella di 30/40 anni fa?

Sono tanti i fattori che si muovono. Avevamo i giornali di destra anche allora che ci attaccavano, che ci dicevano che la nostra era una forma cialtrona, che parlavamo dei panni sporchi da lavare in casa, che si aveva poco rispetto per la Chiesa… Lo stesso discorso che si fa oggi. Ed erano molto più duri, se vogliamo. La censura doveva concederti la firma per far passare il testo: oggi questo non c’è più, e ce lo siamo guadagnato noi allora, lottando. Adesso la censura c’è in forme “preventive”: a quelli bravi diamo del denaro, a te che sei un rompiscatole non lo diamo; a lui diamo lo spazio e a te non lo diamo. Però vedo che ci sono giovani che riescono a guadagnarsi degli spazi, che riescono ad andare in giro con anche “una sola lampadina”, dando però un risultato straordinario. Mentre gli altri, quelli che vanno, tanto per essere chiari, nelle tv a fare il pagliaccismo, a fare gag fini se stesse, a vestirsi da donna o a mostrare il culo se sono donne vere: quelli dopo un po’ si bruciano e non esistono più, sono veramente come le falene. Danno l’impressione di cose esorbitanti, ma sono quelli che contribuiscono ad atterrare, abbassare e distruggere il valore della produzione d’arte.

 

Un infervorato Dario Fo
Il grande attore e autore Dario Fo è stato di recente a Sassuolo e Fiorano (foto Martignoni)



Commenti
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peer to peer  - Darione   |2008-05-08 04:12:20
Dario, a volte le spari grosse, però sentirti parlare è megico
Bravo!
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