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“Trovare periti o ingegneri? Una tragedia…” Stampa E-mail
Scritto da Marcello Micheloni   
martedì 01 gennaio 2008
Parla Carlo Cottica, Presidente della Commissione ‘Formazione, Scuola e Università” di Confindustria Ceramica: “Al mondo del lavoro si affacciano ragazzi molto preparati e altri affatto. I voti non sono sempre probanti”.
Abbiamo provato a ragionare anche di difesa dell’eccellenza e studenti stranieri, indirizzi umanistici e non, familismo e merito

Carlo Cottica è Presidente della Commissione “Formazione, Scuola e Università” di Confindustria Ceramica
Carlo Cottica dal 2000 è Consigliere Delegato del Gruppo Concorde
Egregio Cottica, la formazione scolastica e il mondo del lavoro: un rapporto che è cambiato col mutare delle modalità economiche? Se sì, in che modo?
E’ un rapporto che evolve lentamente man mano che il progresso tecnologico, in fabbrica come negli uffici e sul mercato, richiede sempre meno manualità e sempre più abilità e intelligenza nell’utilizzo dei nuovi strumenti. In questa evoluzione la scuola tende ad essere più lenta dell’industria, e quindi il gap tende a crescere.
Come giudica la preparazione di chi si presenta nelle aziende del nostro distretto in cerca di un posto?
Vi è una grande e sconcertante variabilità nel grado di preparazione di chi si presenta sul mercato del lavoro direttamente dalla scuola. Ci sono ragazzi molto preparati e altri che non lo sono affatto, e il voto di diploma o di laurea è in genere indicativo ma non probante. Quando si parla di ragazzi “preparati” si intende che hanno assimilato i programmi scolastici, con le loro note limitazioni.
Siamo in contingenze di concorrenza estrema. C’è chi individua la sopravvivenza delle nostre aziende nella ricerca e nella difesa di una alta qualità…

La scuola fa quello che deve fare, in tal senso?
Non c’è dubbio che la difesa del nostro comparto da una concorrenza sempre più spietata passa per livelli di eccellenza in tutti i campi, compreso quello fondamentale delle risorse umane. La qualità delle nostre scuole è nel frattempo peggiorata per i ben noti fattori: mezzi insufficienti, programmi obsoleti, lassismo (l’invenzione dei “debiti formativi” al posto degli esami di riparazione è stata deleteria), demotivazione degli insegnanti. Questo è un problema a livello nazionale e c’è ben poco che possiamo fare a livello locale. Ci si difende aumentando il livello di scolarizzazione: oggi si assumono diplomati per mansioni per cui in passato si richiedeva solo la terza media. Confindustria Ceramica collabora con parecchi istituti professionali e tecnici del modenese e del reggiano, nonché con l’Università, cercando di inserire nei programmi qualche elemento concreto di conoscenza dell’industria ceramica e offrendo stage aziendali. La nostra associazione sta inoltre collaborando a un progetto molto ambizioso che consiste nell’istituire un corso di laurea specialistico in “Ingegneria Ceramica” presso l’Università di Modena e Reggio, in collaborazione con il Centro Ceramico di Bologna e con il CNR di Faenza. Sarà un passo decisivo per qualificare il nostro comparto con competenze accademiche di buon livello mondiale.
I quattro comuni del distretto presentano meno diplomati che altrove, ma soprattutto meno laureati…
E’ vero, vi è in genere scarsità di diplomati e di laureati, ma la cosa diventa tragica se parliamo degli insegnamenti più tecnici. Si trovano segretarie d’azienda, ma non periti chimici o elettrotecnici. Si trovano laureati in Scienza delle Comunicazioni, ma non ingegneri o laureati in chimica industriale. I ragazzi sanno che le loro possibilità di impiego e di carriera sarebbero molto migliori con queste specializzazioni, ma non vogliono affrontare le relative maggiori difficoltà. Alla base di tutto sta una disastrosa mancanza di formazione matematica, che comincia addirittura dalle elementari e diventa irreparabile alle medie.
Sono tanti gli stranieri in ceramica: come giudica la preparazione di quelli che hanno studiato nei loro paesi?
Arriverà presto il momento in cui ci potremmo fidare di più di una laurea in ingegneria presa in un paese del terzo mondo che in alcune nostre università italiane, che sono sorte come funghi in questi ultimi anni per motivi clientelari e che sfornano laureati ignoranti. Paradossi a parte, la preparazione scolastica di chi ha studiato nel proprio paese non è indifferente, con qualche punto in più per chi proviene dall’Europa dell’Est e dal Sud-Est asiatico.
Quanto nel nostro distretto conta il merito? E quanto, invece, il familismo, specie nei grandi gruppi industriali? Vizi e virtù del nostro sistema?
Il “familismo”, come lo chiama lei, è ancora fondamentale a livello degli imprenditori e probabilmente lo rimarrà, essendo il nostro comparto formato da imprese piccole e medie di proprietà  familiare. Ciò non toglie che gli imprenditori proprietari, di seconda o di terza generazione, si facciano affiancare in posizioni anche di grande responsabilità da manager esterni alla famiglia. La mia impressione è che in genere il merito abbia molto peso in queste situazioni, ma deve essere accompagnato da un rapporto di fiducia. E’ quest’ultimo elemento che rende difficili gli inserimenti nel nostro settore di manager, anche se qualificati, provenienti da altri ambienti e altri luoghi.
Tutti i presidi degli istituti superiori sassolesi sono contenti del rapporto con il tessuto industriale locale, specie a livello di stage pre-diploma e di accessibilità al mondo del lavoro. Cosa può essere migliorato?
Ho già risposto parzialmente a questa domanda. Confindustria Ceramica è molto attiva in questo senso, vi destina risorse finanziarie di una certa importanza, e fa di tutto per stimolare le imprese associate a mantenere i contatti con le scuole locali soprattutto nella disponibilità a offrire stage aziendali. Penso che si dovrebbe fare di più nei riguardi degli insegnanti di queste scuole, per avvicinare anche loro al mondo del lavoro nel quale dovranno inserirsi i loro studenti.



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