CGIL: "Scarso attaccamento alla maglia" |
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Scritto da Marcello Micheloni
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lunedì 10 marzo 2008 |
C’è flessibilità e flessibilità. Così si potrebbe riassumere la posizione della Cgil sui dati di avviamento al lavoro del distretto: “Anche noi negli anni passati abbiamo capito che le imprese necessitavano di una certa flessibilità per poter competere. E sia i contratti nazionali che quelli aziendali prevedevano quote di contratti a termine. Su questo abbiamo sempre ragionato.” Questa la spiegazione di Rocco Corvaglia, coordinatore locale del sindacato. “A livello di flessibilità qui ci sono le forme più avanzate oserei dire al mondo: impianti a ciclo continuo che non si fermano nemmeno per le feste. Una flessibilità buona e specializzata, con professionalità acquisita. E’ stato il modello che ha retto l‘urto della competizione.” Ma oggi? “Adesso le imprese cerano di legittimare a tutti i costi la flessibilità, scambiandola per precariato.” Per risparmiare? “Non tanto per risparmiare, quanto piuttosto per una scelta semplicistica che si pensa più facile ed immediata.” Ma che abbasserebbe qualità e motivazioni. “Pensiamo ad un giovane laureato che si trova a dover lavorare a tempo determinato per 1000 euro scarsi al mese: è probabile che gli stimoli non siano esaustivi per dare il massimo. Il lavoratore comincerà così subito a guardarsi intorno per capire se trova un’azienda che potrà valorizzare meglio le sue potenzialità.”. Una sorta di scarso ‘attaccamento alla maglia’. “C’è una discrasia tra quello che sostengono i protagonisti politici ed economici del distretto: si punta verso sviluppo e prodotto di qualità, ma la scelta verso la professionalità e la fidelizzazione delle persone non va in questa direzione.” Nel frattempo cresce la disoccupazione: “In un mercato rigido come quello degli anni ‘60 la flessibilità avrebbe aiutato in tal senso, ma oggi no. E’ un problema di crisi di sistema.”
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