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Vittorio Messori, il sassolese dei due papi Stampa E-mail
Scritto da Catia Bartoli e Laura Corallo   
venerdì 09 novembre 2007

“Per l’amico Ratzinger dovetti addirittura scappare”
Vittorio Messori, importante giornalista e scrittore, per sua stessa definizione Sassolese D.O.C, , ricorda le sue origini, riflette con noi sulla situazione del nostro comprensorio, e racconta del suo privilegiato rapporto con papa Ratzinger e papa Wojtyla

Vittorio Messori
Vittorio Messori
Lei è l’unico giornalista che ha avuto il privilegio di intervistare e dunque conoscere ben due papi: Papa Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI.
Effettivamente mi trovo nell’imbarazzante situazione di essere l’unico giornalista ad aver intervistato due papi.
La percezione prevalente è che l’ultimo papa Benedetto XVI sia molto diverso dal primo come carattere e personalità e che la gente sia più distante dal suo modo di fare…
Questa è una leggenda, anch’io pensavo sarebbe stato così proprio perché li conoscevo personalmente entrambi. Sapevo quanto Wojtyla fosse estroverso, espansivo, in fondo uomo di spettacolo. Diciamolo chiaro, da giovane era incerto se entrare in seminario o se entrare alla scuola di recitazione. Papa Ratzinger invece è un professore, un po’ introverso, timido. Per questo mi aspettavo che avrebbe avuto meno impatto sulla gente. Invece i numeri mi hanno dato torto perché da quando c’è Papa Ratzinger la folla in piazza San Pietro non è diminuita, è aumentata. Ogni volta che si muove ritrova lo stesso calore che si trovava Wojtyla, pur non facendo nulla per la piazza. Papa Ratzinger è rimasto il professore di sempre, ma credo che la gente capisca, istintivamente, che è un uomo buono, colto, che è un buon padre.
Papa Benedetto XVI sta dunque “imparando” a fare il Papa?
Ratzinger è un uomo di grande semplicità e sincerità. Gli ho sempre voluto molto bene anche quando era scomodo dirsi suoi amici. Quando facemmo assieme il libro Rapporto sulla Fede io subii addirittura delle minacce, dovetti scappare da Milano e rifugiarmi in montagna. Avevo intervistato quello che era rappresentato come il fascista, l’ex nazista. Tutte balle. Negli anni Ottanta, quando pubblicammo assieme il libro, lui era il Prefetto dell’ex Santo Uffizio, era considerato il grande inquisitore. Io invece sapevo, conoscendolo, che era un uomo molto buono, rispettoso. E non è cambiato in nulla, non recita a fare il Papa. Non sta imparando a fare il mestiere, si comporta come si è sempre comportato. Risultato: la gente ama anche questo stile.
Lei è nato a Sassuolo, malgrado fosse molto piccolo quando se ne è andato, e suo papà è il famoso poeta dialettale Enzo Messori. Che idea si è fatto della Sassuolo contemporanea?
Penso che la fortuna e la ricchezza di Sassuolo sia stata anche la sua rovina, perché l’industria ceramica, che è un’industria estensiva che ha bisogno di molto spazio, ed è estremamente inquinante, ha veramente ridotto ad un paesaggio lunare quello che era il luogo di “Delizia” dei Duchi Estensi. Sassuolo ha ricevuto dalla ceramica ricchezza e distruzione. Io mi meraviglio della cecità degli amministratori, e parlo della mitica casta degli amministratori del dopoguerra, che ha permesso la devastazione di Sassuolo. Quando arrivo a Sassuolo mi si stringe il cuore. Sarebbe stato possibile, per esempio, allineare l’industria ceramica verso l’Appennino, su paesaggi che tra l’altro erano terreni sterili. Ma una delle più ricche, feconde terre del mondo è stata distrutta per fare spazio a dei capannoni . Non è stato solo un disastro ecologico, è stato anche un disastro economico perché erano campi fecondissimi.  Imputo quindi ai passati amministratori di Sassuolo la distruzione della città. Per cui oggi Sassuolo è un posto dove vado con tristezza, con malinconia, ma dove trovo anche molti amici.
Saprà che uno dei problemi più gravi di Sassuolo è quello dell’immigrazione ed in particolare della mancata integrazione tra la popolazione locale e gli stranieri. Negli ultimi tempi Sassuolo in particolare è salita alla ribalta delle cronache per fatti infelicemente noti. Quanto può aiutare la cultura nell’affrontare queste situazioni?
Io non sono di quelli che auspicano, di quelli che esortano, di quelli ottimisti a trovare una soluzione. Questo è un problema dell’intero Occidente non è un problema di Sassuolo. In zone industriali che hanno bisogno di molta mano d’opera, come Sassuolo, è chiaro che il problema sia più evidente. Non si tratta di una immigrazione, si tratta di una migrazione di popoli e non si può fermare. Certamente ci saranno dei problemi, ci saranno momenti duri. Non penso che il dialogo, la cultura, possano fare molto. Scorrerà forse anche del sangue, certamente ci saranno sofferenze, ma sono problemi storici che non possiamo contrastare e con cui dobbiamo fare i conti. Certamente a Sassuolo il problema è grave perché c’è anche una differenza di religione e di cultura. Ma in fondo l’America è nata così, è nata con il grande calderone. Ci troviamo di fronte anche, spesso, ad un’immigrazione aggressiva; ci saranno problemi e come ho detto può darsi che scorra anche il sangue. Ma prima o poi la storia ha sempre rimescolato le carte.


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